Processo in Vaticano: Diddi, “le difese non hanno esaminato tutte le prove”

“Le difese non hanno esaminato tutte le prove”. Lo ha detto il Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, nella sua replica durante l’84ma udienza del processo in corso in Vaticano per gli investimenti finanziari della Segreteria di Stato a Londra. “Su molti aspetti non c’è condivisione sulle conclusioni delle difese”, ha esordito il pm vaticano, secondo quanto ha riferito il “pool” di giornalisti ammessi nell’Aula polifunzionale dei Musei Vaticani. “Non hanno avuto altri argomenti se non attaccare l’Ufficio del Promotore di Giustizia”, ha aggiunto: “Non hanno esaminato tutte le prove: ci sono elementi documentali, pezzi di interrogatorio e mail completamente ignorati dalla difesa. E nonostante ciò, si è detto a noi che siamo stati mossi da pregiudizi”. Quanto al cardinale Angelo Becciu, secondo Diddi “prima ancora di essere indagato ha fatto di tutto per essere coinvolto nel processo, con una campagna di stampa per difendersi a tutti i costi dalla scelta del Palazzo di Londra”. Il Promotore di Giustizia ha fatto poi riferimento alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, affermando che tali diritti “sono stati recepiti” dando luogo ad “un giusto processo”. Riguardo al mancato ascolto di determinati testimoni all’estero, il pm ha fatto presente che “la Santa Sede non ha gli strumenti per convocare un testimone coattivamente, e dunque è inutile fare rogatorie”. Non è mancato un accenno ai “Rescripta” di Papa Francesco sul processo, che “disciplinano particolari attività di indagine, come le intercettazioni telefoniche: il ‘rescriptum’ in materia è stata una garanzia verso chi ha subito questa attività”, ha osservato Diddi definendo anche questo “un falso problema”, che “serve solo alle difese per dire che il processo è illegittimo”. “Il memoriale di mons. Perlasca non è la pietra angolare della nostra accusa al cardinale Becciu”, ha poi precisato Diddi: “Su Cecilia Marogna non ha dato nessuno spunto investigativo, e anche sulle posizioni del cardinale Becciu in merito al Palazzo di Londra non ha inferito in alcun modo”.

Il pm ha inoltre definito le testimonianze di Ciferri e Chaouqui “di importanza pari a zero: non ci siamo opposti all’ascolto, ma poi siamo stati accusati di non aver depositato parti delle chat che ci erano state consegnate”. Alle difese, che hanno parlato di “indeterminatezza dei capi di imputazione”, Diddi ha addebitato in sintesi “un equivoco di fondo”, e cioè il fatto di essersi confrontate non con il Codice vaticano, ma con il Codice italiano del 1988. A parere di Diddi, infine, “la prova più devastante” della colpevolezza del cardinale Becciu è la risposta fornita dalla difesa del finanziere Raffaele Mincione, che aveva segnalato il fatto che “tutto il patrimonio della Segreteria di Stato fosse affidato ad un unico gestione finanziario: non era mai stato fatto prima un investimento del genere”, il riferimento alla vicenda del Palazzo di Londra. Quanto alla vicenda Sardegna, a dire di Diddi “non c’è traccia di nessuna convenzione tra la Spes e la Caritas”. Alla fine dell’udienza, durante la quale sono intervenuti anche i Promotori di giustizia aggiunti e le parti civili, è stata messa agli atti una lettera del card. Pietro Parolin, datata 6 novembre, in cui il Segretario di Stato conferma la volontà di perseguire e punire i reati accertati e contestati, di cui la cui la Segreteria di Stato è considerata parte offesa. Domani è in programma l’ultima udienza del processo, che andrà a sentenza nei prossimi giorni.

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