Perù: a Lima ricordate le 49 persone morte durante le proteste delle ultime settimane. Mons. Castillo, “ci sono modi pacifici di organizzarsi per risolvere le grandi richieste di ogni regione povera del Paese”

(Foto: arcidiocesi di Lima)

“Abbiamo il dovere, come Chiesa, di aprire le nostre chiese ai dolori del nostro popolo, alla sua sensibilità, alle sue ricerche, così come le apriamo alle sue gioie. Per questo non facciamo questa messa solo come Chiesa di Lima, ma uniti a tutte le Chiese della nazione e alle persone sofferenti con cui vogliamo condividere la loro sofferenza, parenti, fratelli poliziotti, medici e, soprattutto, il grande numero di giovani che hanno sofferto la morte”. Lo ha affermato, ieri, nell’omelia della messa domenicale, trasmessa da alcune reti televisive nazionali, l’arcivescovo di Lima e primate del Perù, mons. Carlos Castillo Mattasoglio, facendo riferimento alle persone morte in queste settimane durante le proteste che hanno fatto seguito al fallito golpe e all’arresto dell’ex presidente Pedro Castillo. Nella cattedrale di Lima sono state collocate e benedette le foto di tutti coloro che sono deceduti, ben 49 (tra questi anche alcuni minori).
“Nel mezzo del nostro dolore per la morte dei nostri 49 fratelli e sorelle che sono stati uccisi in questi giorni in vari modi, né loro né noi siamo soli, Dio è lì. Coloro che hanno perpetrato queste morti, forse, nascondevano, in alcuni casi, l’intenzione di ottenere qualche potere, qualche posizione politica, qualche beneficio generato dal caos”, ha proseguito l’arcivescovo, che ha fatto riferimento alla “pretesa di meschinità e di scopi meschini che in questi ultimi anni abbiamo denunciato, assieme all’ambizione eccessiva di potere e di denaro, coperta da ideologie, con l’obiettivo di approfittare della situazione, mettendo il Paese in sospeso solo per ottenere i loro obiettivi”. Ed è questo “il male endemico che dobbiamo superare”. E alla base di tutto ciò “c’è una frivolezza che ci rende ciechi di fronte al dramma umano che stiamo vivendo e alla possibilità di una felicità futura, possibile se cambiamo il nostro atteggiamento per riconoscere l’uguale valore di ognuno di noi come fratelli e sorelle”.
Ha concluso mons. Castillo: “Questi sentimenti ci ispirano, come Gesù, a introdurre nella nostra mentalità, nel nostro modo di essere e nelle nostre decisioni, l’organizzazione efficace, semplice e sincera della pace e dell’amicizia sociale. A quei fratelli e sorelle che hanno ucciso e si muovono smarriti come un’anima in pena, irradiando altra morte, diciamo e li chiamiamo con il cuore tremante di dolore, che il sangue versato non grida vendetta, il loro sangue grida misericordia e pace, rettifica dei comportamenti e conversione, affinché questa spirale oscura e tenebrosa di assurda e inaudita violenza abbia fine. Ci sono modi pacifici di organizzarsi per risolvere le grandi richieste di ogni regione povera del Perù”.

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