Canada: incontro oggi Métis e Inuit con Papa Francesco, “ha ascoltato le nostre storie, non vediamo l’ora di sentire le sue risposte all’udienza generale”

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“Il papa ha ascoltato le nostre storie. Ne ha preso conoscenza e le ha profondamente capite. Ora speriamo che le sappia tradurre dalla testa al cuore e le sappia tradurre in azioni. Non vediamo l’ora di sentire le sue risposte all’udienza generale come anche cosa intende fare per la visita in Canada”. Lo ha detto Cassidy Caron, presidente del Consiglio nazionale di Métis, nel media briefing che si è tenuto oggi a Roma dopo l’udienza di Papa Francesco alla delegazione di indigeni canadesi, sopravvissuti agli abusi nelle scuole cattoliche. Questa mattina, nel corso di due udienze successive, il Santo Padre ha incontrato due gruppi di rappresentanti di popolazioni indigene canadesi, circa 10 delegati dei Métis e circa 8 degli Inuit, accompagnati da alcuni vescovi della Conferenza episcopale del Canada. Ciascun incontro ha avuto la durata di circa un’ora. Parlando ai giornalisti, il primo pensiero di Caron si è rivolto ai tre sopravvissuti che con grande coraggio hanno raccontato oggi al Papa le loro storie e condiviso la loro verità. “Sono solo 3 delle tantissime storie che i nostri sopravvissuti alle scuole residenziali hanno vissuto”. Si stima infatti che, a partire dal 1883 fino agli anni ‘60 del secolo scorso, circa 150 mila bambini delle Prime Nazioni, Métis e Inuit sono stati obbligati a frequentare una delle 139 scuole distribuite in tutto il Paese. A causa di malattie, fame, freddo ma anche a seguito di abusi di ogni tipo, psicologico, fisico e sessuale, almeno 4 mila di questi bambini e adolescenti trovarono la morte lungo circa 80 anni. “Abbiamo invitato il papa ad unirsi a noi nel nostro cammino di guarigione, verità, giustizia e riconciliazione. Ognuna di queste parole – ha spiegato la rappresentante del popolo Métis –  è carica di significato e richiede azioni concrete per garantire un futuro sano e migliore. Stiamo parlando dei nostri bambini. Ciò che è accaduto nelle scuole residenziali, è accaduto a dei bambini e dobbiamo fare tutto il possibile oggi perché quanto è accaduto nel passato, non avvenga mai più”. La riconciliazione è un “lungo processo che “richiede impegno e azioni”. Sono azioni che devono essere intraprese a più livelli. Cassidy Caron chiama in causa tutti: i canadesi, il governo, le chiese, la Conferenza episcopale canadese, il papa. “Il processo non è iniziato oggi con l’incontro del papa e non finirà oggi. È solo un passo in più”. Ciò a cui oggi tengono le popolazioni indigeni del Canada è anche un lavoro di rivitalizzazione della loro cultura. “Noi amiamo ciò che siamo. Amiamo la nostra storia, la nostra cultura e il nostro popolo. Dobbiamo lavorare per fare in modo che anche la nostra generazione futura ami ciò che è”.

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“Ciò che è successo nelle scuole residenziali è stato un crimine contro l’umanità”, ha detto Mitchell Case della Métis Nation, prendendo la parola. “Penso che oggi, per i tre sopravvissuti sia stata una grande opportunità raccontare la loro storie non solo al papa ma al mondo intero”. “Noi siamo qui, un secolo e mezzo dopo, perché non c’è mai stato un processo e senza processo, i sopravvissuti non hanno mai potuto raccontare le proprie storie, senza processo nessuno ha mai chiesto scusa e senza processo, nessuno ha mai detto che quello che è avvenuto era sbagliato. Per noi questo non è accettabile. Noi cerchiamo giustizia”.

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All’incontro erano presenti il presidente dei vescovi canadesi mons. Raymond Poisson e il vescovo Donald Bolen. Mons. Poisson ha parlato di un momento “cuore a cuore” vissuto “in un clima di affetto reciproco” fatto di pause e di gesti. “Questo incontro apre una grande porta che può permettere di accogliere e chiedere perdono”. Mons. Bolen ha definito l’incontro di stamattina come “un momento molto significativo” ed ha parlato di “un inizio nuovo”. Nel corso del briefing si è ricordato che la Conferenza episcopale canadese ha deciso di istituire un Fondo – l’Indigenous Reconciliation Fund – dove confluiranno i contributi finanziari dalle 73 diocesi in tutto il Canada. Obiettivo è raggiungere i 30 milioni di dollari secondo l’impegno preso dai vescovi canadesi a settembre. I fondi contribuiranno in modo prioritario a sostenere iniziative di guarigione e riconciliazione per le comunità e le famiglie; progetti di rivitalizzazione della cultura e della lingua; dialoghi sulla spiritualità e le culture indigene.

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