Russia: un anno fa l’arresto di Navalny. “Non mi pento di quello che ho fatto e continuerò a farlo”

Un anno fa il dissidente Alexei Navalny, di ritorno in Russia dopo essersi ripreso dall’avvelenamento da Novichok in Germania, veniva fermato all’aeroporto di Mosca e condotto in prigione, da dove non è più uscito. A febbraio veniva condannato da un tribunale di Mosca a 3 anni e sei mesi di reclusione per cause precedentemente pendenti (da scontare due anni e mezzo, perché aveva già scontato un anno di arresti domiciliari), dai giudici di un tribunale di Mosca. Sul suo profilo Instagram, oggi Navalny ricorda: “Non sono riuscito a fare un solo passo nel mio Paese da uomo libero, sono stato arrestato anche prima del controllo di frontiera”. E poi cita una frase di Lev Tolstoj, da Resurrezione: “L’unico posto che si addice a una persona onesta in Russia in questo momento è una prigione”. Navalny scrive poi di onestà e di coraggio e di aver letto di recente “come i dipendenti a cui piacciono i miei post vengono espulsi dal ministero degli affari interni. Quindi nella Russia del 2022 anche un like può essere una manifestazione di coraggio”. “Non mi pento per un secondo di quello che ho fatto e continuerò a farlo”, conclude. In questo anno, a riconoscere la bontà della lotta di Navalny anche il Parlamento europeo che lo ha insignito del premio Sakharov per la libertà di pensiero. Lo stesso presidente David Sassoli aveva motivato la scelta spiegando che Navalny “ha combattuto instancabilmente contro la corruzione del regime di Vladimir Putin” e ciò gli è “costato la sua libertà e il rischio della vita”.

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