Dalla Chiesa: mons. Lorefice (Palermo), “testimone che devono essere rinnovati gli atteggiamenti interiori” con “un totale mutamento di mentalità”

“Il nuovo nella società civile nasce e deflagra lì dove ci sono uomini e donne consapevoli e liberi, come Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo. Lì dove i cuori rimangono retti e onesti, lì dove come professionisti e cittadini si rimane fedeli servitori del bene destinato a tutti”. Lo ha affermato l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, durante la messa che ha celebrato in cattedrale, questa mattina, nel 39° anniversario dell’attentato mafioso in cui persero la vita il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo.
“Ognuno di noi ha il dovere di porre la propria vita al servizio egli altri”, ha ammonito l’arcivescovo, convinto che “questa è la novità che deve sgorgare sempre dalla mente del nostro cuore e che deve alimentare la nostra convivenza umana. Questa novità chiede una prospettiva ‘altra’, regole nuove. Chiede ‘artisti del nuovo’, ‘artigiani di verità’ capaci di cogliere il nuovo”. “Il prefetto Dalla Chiesa – ha sottolineato – ci testimonia che devono essere rinnovati gli atteggiamenti interiori, si tratta di un totale mutamento di mentalità. Di un lavoro culturale”. “L’arma che ha individuato Dalla Chiesa – ha aggiunto – è il cambiamento di mentalità a partire dai servitori delle istituzioni, da ogni cittadino: senso di corresponsabilità per la città degli uomini, integerrima e robusta professionalità, onestà umana ed etica”. “Non si tratta solo di stanare i mafiosi, di combattere direttamente le sempre più camuffate organizzazioni criminali mafiose. Si tratta – ha precisato – di assumere la polarità dell’oggi, del nostro oggi, della responsabilità che esso ci chiede, di starci dentro con una vita divenuta ‘parabola del nuovo’, che custodisca anche il vecchio migliore, autentico e non quello taroccato, venduto impunemente per tale”. Secondo mons. Lorefice, “il problema non è l’assenza di novità, il problema è l’assenza di occhi che la sappiano riconoscere questa novità e la sappiano servire con creativa donazione”.

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