Diocesi: card. Bassetti (Perugia), “il gesto di San Lorenzo di indicare nei poveri i tesori della Chiesa rimane sempre il grande insegnamento da seguire”

“Dopo la gioia per l’indimenticabile dono di cinque nuovi presbiteri, ordinati il 29 giugno scorso, eccoci di nuovo in festa, nella nostra bella e antica cattedrale, per celebrare la nascita al cielo del suo grande patrono, san Lorenzo, ed ammettere tre uomini sposati, Stefano Bucarini, Mauro Corazzi e Moreno Fabbri, all’Ordine del diaconato”. Così ha esordito, stamattina, il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, nell’omelia del giorno della solennità di san Lorenzo, diacono e martire, titolare della cattedrale di Perugia. Hanno concelebrato il vescovo ausiliare, mons. Marco Salvi, il presidente del Capitolo dei canonici di San Lorenzo, mons. Fausto Sciurpa, e alcuni sacerdoti, svolgendo il servizio liturgico diversi diaconi e seminaristi . Era presente anche il sindaco di Perugia, Andrea Romizi.
Rivolgendosi ai tre ordinandi diaconi e a tutti i fedeli, il porporato ha detto: “Mentre vi accolgo e vi saluto tutti, sento il compito, come pastore di questa Chiesa, di affidarci alla protezione e alla celeste intercessione del diacono Lorenzo, ‘colui – come dice la liturgia – che diede la sua vita per la Chiesa, meritando la corona del martirio, per raggiungere in letizia il Signore’… Soprattutto noi, che abbiamo compiti e gravi responsabilità nella Chiesa – vescovi, sacerdoti, istituzioni, fedeli laici -, siamo tutti chiamati a seguire gli insegnamenti di Lorenzo e a imitarlo nell’amore di Cristo e dei fratelli… Il suo gesto di indicare nei poveri i tesori della Chiesa rimane sempre il grande insegnamento da seguire. Lorenzo, come Cristo sulla croce, non grida vendetta, anzi sa perfino essere umorista mentre le fiamme lo divorano… Per noi san Lorenzo rimane il chicco di grano caduto in terra sempre pronto a morire”.
Il cardinale ha proseguito: “Gesù ci avverte che spendere le proprie energie, il proprio tempo, le proprie forze solo per salvare sé stessi o, come si usa dire, per realizzare sé stessi, tutto questo porta a perdersi, ossia porta ad una vita triste e disastrata. Solo se viviamo per il Signore, solo se impostiamo la nostra vita per amore di tutti, senza limite alcuno, appunto come ha fatto Gesù, allora gusteremo la gioia della vita. A che serve guadagnare il mondo intero se non siamo né amati, né siamo capaci di amare? Dice san Paolo nell’Inno alla Carità, che, senza questa, cioè senza l’amore, non serve nemmeno compiere cose straordinarie, anche generose. Ricordiamoci sempre che, solo l’amore non finisce e solo il Signore salva”.

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