Colombia: appello di mons. Lascarro (Magangué), “proteggere la popolazione dai gruppi armati, garantire il ritorno a casa degli sfollati”

Un accorato appello a proteggere la popolazione dall’azione dei gruppi armati. È quello che giunge dal vescovo della diocesi colombiana di Magangué, mons. Ariel Lascarro Tapia, che in una nota e in un video, pervenuti al Sir, racconta la complessa situazione nel sud del dipartimento di Bolívar (nord del Paese). I gruppi armati presenti nella zona sono il “Grupo Armado Organizado residual Estructura 37 (GAO-r E-37)”, la guerriglia dell’Eln e il gruppo paramilitare noto come Clan del Golfo.
“Noi, vescovo, presbiterio e fedeli laici, alziamo la nostra voce di fronte alla complessa situazione che esiste oggi nel meridione della nostra giurisdizione. Questo territorio, afflitto dal conflitto armato da più di 50 anni, si sente oggi ancora una volta minacciato dagli scontri tra i gruppi armati presenti in quest’area, dalla ricerca del potere e del controllo di questo territorio”.
Secondo i dati registrati dalla Croce rossa internazionale, sono già almeno 2.600 le persone, appartenenti a 580 famiglie, giunte nell’area urbana del comune di Santa Rosa del Sur, in fuga a causa di minacce e scontri che avvengono tra gruppi armati e criminali, impegnati in attività minerarie illegali e traffico di droga nelle montagne di San Lucas.
Gli scontri hanno generato un aumento del tasso di omicidi e lo sfollamento della popolazione, senza dimenticare il clima di ansia e angoscia che si percepisce tra gli abitanti di queste località. Finora non è stato possibile in ogni caso stabilire un numero esatto di sfollati perché con il passare del tempo arrivano sempre più famiglie in fuga dalla violenza.
Data la grave situazione, il presule ha rivolto un appello urgente al governo nazionale e alle autorità perché pensino a questo territorio colpito dal conflitto armato da più di 50 anni e le cui famiglie sfollate chiedono aiuti umanitari efficaci e costanti.
Per mons. Lascarro è urgente una soluzione a questo conflitto che permetta “il ritorno delle famiglie sfollate nei loro territori di origine e che garantisca il rispetto dei loro diritti fondamentali”, in particolare il diritto alla vita e a un lavoro dignitoso per continuare la propria vita senza timori.
La Chiesa locale ribadisce il deciso sostegno alle comunità colpite dalle violenze, incoraggiandole in particolare a non abbandonare i propri territori e a perseverare nella rivendicazione dei diritti riconosciuti dalla Costituzione nazionale e che lo Stato deve garantire nella pratica.

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