Libano: un anno da esplosione a Beirut. Rhayem (Caritas Libano), “77% delle famiglie non ha cibo a sufficienza, 80% scuole cattoliche a rischio chiusura”

“Il 4 agosto dell’anno scorso tutto è cambiato per sempre in Libano. E’ stato distrutto il cuore di ogni libanese. L’esplosione è arrivata in momento critico, tra il Coronavirus e una crisi socio-politica ed economica senza precedenti”. Lo ha detto oggi Rita Rhayem, consulente strategia internazionale di Caritas Libano, intervenuta oggi al webinar organizzato da Caritas internationalis, ad un anno dall’esplosione al porto di Beirut, il 4 agosto 2020. Rhayem è stata sul campo da subito. “Molti ospedali erano distrutti e sono stati costretti a spostare i malati – ricorda -. Li abbiamo curati anche noi, siamo stati in prima linea ad assistere le persone bisognose, abbiamo organizzato meeting point. Le case erano distrutte e silenziose ma nelle strade c’era tanta gente ad aiutare nella distribuzione del cibo. Tanti si offrivano come volontari; portavamo gli aiuti porta a porta agli anziani che avevano paura di uscire dalle proprie case e non mangiavano da tre giorni”. Caritas Libano dispone di unità mediche mobili per la diagnosi e la cura, gruppi di psicologi e team di ingegneri che lavorano nella ricostruzione delle case andate distrutte, circa 300.000. Ad un anno di distanza la Caritas ne ha ristrutturate almeno 1700 e migliaia stanno per essere ultimate.  Sono stati anche supportati 2000 negozi, per aiutarli nella ripresa delle attività. Ma la situazione economica è ancora drammatica: “Secondo un rapporto dell’Unicef – ha riferito Rhayem -, nel marzo 2021 il 30% delle famiglie ha almeno un figlio che salta un pasto quotidiano e il 77% dichiara di non avere abbastanza cibo. Il tasso d’inflazione è oltre il 40%, i salari sono stati tutti deprezzati”. Anche sul fronte sanitario è emergenza: “Aumentano i casi di Covid-19 ma mancano dispositivi e medicine; l’elettricità viene razionata e gli ospedali devono spegnere l’aria condizionata nonostante le temperature altissime. Molti operatori sanitari sono emigrati per cercare migliori opportunità all’estero”. Inoltre, “l’80% delle scuole cattoliche rischia di chiudere per la mancanza di aiuti governativi. Mentre i rifugiati e l’intera popolazione libanese continuano a soffrire per il protrarsi della guerra civile in Siria”.

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