Diocesi: mons. Ghizzoni (Ravenna-Cervia), “risposte ragionevoli ed evangeliche” a “domande emerse da ferite pandemia”

“La Chiesa diocesana di Ravenna-Cervia non può chiudere gli occhi sulla realtà in cui tutti viviamo, cioè sulle ferite provocate dalla pandemia, che si aggiungono ai problemi generali del vivere comune”. Lo ha detto mons. Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna-Cervia, nell’omelia della messa presieduta questa mattina in duomo, in occasione della festa del patrono Sant’Apollinare. “Abbiamo avuto un duro impatto sul sistema sanitario, sul tessuto sociale con anziani impauriti, giovani disorientati e affaticati dalla Dad, poveri in netto aumento”, ha osservato. “Ci saranno conseguenze negative su alcune delle nostre imprese con il rischio di perdita del lavoro”. Una situazione preoccupante, “che speriamo sia affrontabile anche con le risorse straordinarie dei provvedimenti statali, con gli aiuti dall’Europa. Cosa ci ridarà fiducia e speranza, cioè gli atteggiamenti di fondo che sostengono il cammino di ogni comunità?”.
Anche la vita ecclesiale ha subito danni, soprattutto per la diminuzione di incontri, celebrazioni, momenti di aggregazione, ha proseguito l’arcivescovo. In questo scenario “abbiamo sentito riemergere alcune domande importanti, vitali per chi vuole dare un senso compiuto alla sua esistenza”. Tra queste: “Perché questa sofferenza così globale? perché la medicina e la scienza non ci hanno protetto? perché la morte quasi improvvisa di tante persone inno-enti non solo anziane? perché Dio non ci ha aiutato e non ha sconfitto miracolosamente la pandemia?”. Domande alle quali “dobbiamo dare risposte ragionevoli ed evangeliche insieme – ha concluso –, che trasmettano le ragioni della nostra speranza, della nostra fiducia in Dio e della nostra gioia, nonostante tutto”.

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