Papa Francesco: Messale di San Pio V usato per “aumentare le distanze, indurire le differenze, costruire contrapposizioni che feriscono la Chiesa”

“A distanza di tredici anni ho incaricato la Congregazione per la Dottrina della Fede di inviarvi un questionario sull’applicazione del Motu proprio Summorum Pontificum. Le risposte pervenute hanno rivelato una situazione che mi addolora e mi preoccupa, confermandomi nella necessità di intervenire”. Nella lettera inviata ai vescovi di tutto il mondo per presentare il Motu Proprio “Traditionis Custodes” sull’uso della Liturgia Romana anteriore alla Riforma del 1970, il Papa illustra così le sue intenzioni. “Purtroppo l’intento pastorale dei miei Predecessori, i quali avevano inteso ‘fare tutti gli sforzi, affinché a tutti quelli che hanno veramente il desiderio dell’unità, sia reso possibile di restare in quest’unità o di ritrovarla nuovamente’ , è stato spesso gravemente disatteso”, denuncia Francesco: “Una possibilità offerta da san Giovanni Paolo II e con magnanimità ancora maggiore da Benedetto XVI al fine di ricomporre l’unità del corpo ecclesiale nel rispetto delle varie sensibilità liturgiche è stata usata per aumentare le distanze, indurire le differenze, costruire contrapposizioni che feriscono la Chiesa e ne frenano il cammino, esponendola al rischio di divisioni”. “Sono evidenti a tutti i motivi che hanno mosso san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI a concedere la possibilità di usare il Messale Romano promulgato da san Pio V, edito da san Giovanni XXIII nel 1962, per la celebrazione del Sacrificio eucaristico”, spiega il Papa nella lettera: “La facoltà, concessa con indulto della Congregazione per il Culto Divino nel 1984 e confermata da san Giovanni Paolo II nel Motu proprio Ecclesia Dei del 1988, era soprattutto motivata dalla volontà di favorire la ricomposizione dello scisma con il movimento guidato da Mons. Lefebvre. La richiesta, rivolta ai vescovi, di accogliere con generosità le ‘giuste aspirazioni’ dei fedeli che domandavano l’uso di quel Messale, aveva dunque una ragione ecclesiale di ricomposizione dell’unità della Chiesa”. Quella facoltà, invece, “venne interpretata da molti dentro la Chiesa come la possibilità di usare liberamente il Messale Romano promulgato da san Pio V, determinando un uso parallelo al Messale Romano promulgato da san Paolo VI”. Per regolare tale situazione, Benedetto XVI intervenne sulla questione con il Motu proprio Summorum Pontificum del 2007. “A sostenere la sua scelta – precisa Francesco – era la convinzione che il tale provvedimento non avrebbe messo in dubbio una delle decisioni essenziali del concilio Vaticano II, intaccandone in tal modo l’autorità: il Motu proprio riconosceva a pieno titolo che il Messale promulgato da Paolo VI è la espressione ordinaria della lex orandi della Chiesa cattolica di rito latino”.

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