Colombia: altra notte di violenza. Quasi 50 i morti da inizio sciopero generale. L’indignazione dei Gesuiti del Cinep e del Nobel Pérez Esquivel

Lo sciopero generale in Colombia ha superato i dieci giorni, con un tragico bilancio, secondo le ong Indepaz e Temblores, di 48 morti (a cui si aggiunge un’altra giovane vittima a Cali, nella notte). 39, secondo le due organizzazioni, le vittime causate dalla repressione delle forze speciali.

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Anche nel fine settimana non sono mancati episodi di violenza e repressione, soprattutto nella maggiore città del sudovest, dove alla protesta della popolazione afro delle periferie si è aggiunta quella degli indigeni dei dipartimenti vicini. In tutto il dipartimento di Valle del Cauca, oltre che nel capoluogo Cali, è stato decretato lo stato d’emergenza. Le forze speciali sono intervenute, secondo varie segnalazioni, sparando sui manifestanti indigeni (in qualche caso assieme a forze paramilitari, secondo la denuncia di Indepaz) che hanno occupato l’Università del Valle e messo in atto diversi blocchi stradali. Oltre a una vittima, si registra il grave ferimento di una leader indigena del Cric (il Consiglio indigeno del Cauca), Daniela Soto.

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“Di giorno milioni di colombiani si manifestano pacificamente mentre la notte entra in azione la polizia e Esmad e spara sui civili – denuncia da Bogotá Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani e collaboratore dell’Osservatorio della realtà sociale della stessa arcidiocesi di Cali –. Sono stati denunciati 108 scomparsi, 250 feriti, 1.200 azioni in violazione dei diritti umani per bloccare la protesta sociale. La cancelleria del presidente Duque attacca la missione Onu in Colombia, fatto senza precedenti, e mette in pericolo anche tutti gli osservatori europei che stanno documentando le sistematiche violazioni diritti umani nel Paese forse più diseguale del mondo. Su questo, c’è stata una lettera di protesta del Parlamento tedesco”. Il riferimento è alla viceministra degli Esteri, Adriana Mejía, che ha inviato una lettera all’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, per mettere in dubbio i comunicati stampa e i video pubblicati dall’Onu. Nella comunicazione, la viceministra scrive che “lo Stato colombiano osserva con grande preoccupazione le affermazioni fatte dall’Ufficio dell’Alto commissario, in relazione a presunte morti e minacce avvenute a Cali, e si rammarica profondamente che l’ufficio abbia deciso di emettere questa dichiarazione senza verificare, né con fonti ufficiali, né con proprie osservazioni, le gravi accuse che essa contiene”. In questa situazione, continua Morsolin, “è importante la crescita della pressione internazionale. Oggi saranno a Cali gli ambasciatori dell’Unione europea, per i prossimi giorni è attesa una delegazione di organizzazioni sociali argentine, dopo che ha fatto sentire la sua voce anche il premio Nobel per la pace, Adolfo Pérez Esquivel”, secondo il quale “la violenza in Colombia è un pericolo per la democrazia del continente”.
“Garanzie per la vita e diritto alla protesta” vengono chiesti anche dal Cinep. Il Centro di ricerca sulla pace dei gesuiti colombiani. In una nota l’organizzazione esprime la propria “indignazione di fronte alle gravi violazioni dei diritti umani che si stanno commettendo contro la popolazione in vari punti del Paese”.

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