Papa Francesco: udienza, “un dolore chiuso dentro di noi può avvelenare l’anima”. “Le parole sono nostro creature, ma sono anche nostre madri”

(Foto Vatican Media/SIR)

”Un dolore chiuso dentro di noi, che non può esprimersi, sfogarsi, può avvelenare l’anima: è mortale”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata alla preghiera vocale e trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca Privata del palazzo apostolico. “È per questa ragione che la Sacra Scrittura ci insegna a pregare anche con parole talvolta audaci”, ha spiegato Francesco: “La preghiera è dialogo con Dio; e ogni creatura, in un certo senso, dialoga con Dio. Nell’essere umano, la preghiera diventa parola, invocazione, canto, poesia… La Parola divina si è fatta carne, e nella carne di ogni uomo la parola torna a Dio nella preghiera”. “Le parole sono nostre creature, ma sono anche nostre madri, e in qualche misura ci plasmano”, la tesi del Papa: “Le parole di una preghiera ci fanno attraversare senza pericolo una valle oscura, ci dirigono verso prati verdi e ricchi di acque, facendoci banchettare sotto gli occhi di un nemico, come ci insegna a recitare il salmo. Le parole nascono dai sentimenti, ma esiste anche il cammino inverso: quello per cui le parole modellano i sentimenti. La Bibbia educa l’uomo a far sì che tutto venga alla luce della parola, che nulla di umano venga escluso, censurato. Soprattutto il dolore è pericoloso se rimane coperto, chiuso dentro di noi”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Territori