Anoressia: Zanna (Osp Bambino Gesù), “si guarisce ma è fondamentale una diagnosi precoce”

(Foto AFP/SIR)

Come riconoscere e combattere l’anoressia? A quali campanelli d’allarme dovrebbero prestare attenzione i genitori? “Ogni bambino presenta segnali diversi, ma è bene che i genitori siano informati sulla combinazione di fattori che devono metterli in allarme”, spiega in un’intervista al Sir la neuropsichiatra Valeria Zanna, responsabile del Centro per l’anoressia e i disturbi alimentari dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Anzitutto la modifica delle abitudini alimentari: una ragazzina che inizia a mangiare meno, si allontana al momento dei pasti o si impegna in attività che la tengano lontana da casa in quell’orario per sottrarsi all’osservazione dei genitori. E ancora: aumento dell’ansia scolastica e dello studio per essere sempre più performante, continue richieste di rassicurazione sulle sue forme fisiche: “Sono più magra di… ?”, il soffermarsi a lungo davanti allo specchio toccandosi le ossa. Ma anche cambiamenti dell’umore: depressione, irritabilità o addirittura irascibilità. Ogni ragazzina può presentare un sintomo o l’altro, ma se la restrizione alimentare si accompagna a fattori di rischio come timidezza, insicurezza, socialità inibita, smania di controllare tutto, “non deve mai essere trascurata”.
Fondamentale una diagnosi precoce: “Prima vengono prese in carico, prima si aiutano e si rompe questa condizione, prima guariscono. Perché dal disturbo alimentare – assicura la dottoressa – si guarisce. Il 50% della popolazione guarisce completamente; un 25% guarisce mantenendo alcuni sintomi sotto soglia; il restante 25% richiede invece un tempo di trattamento più prolungato e può avere spesso bisogno di ricoveri presso strutture residenziali”. Per quanto riguarda il trattamento, “in età evolutiva – spiega – va condotto da una équipe multidisciplinare integrata e consiste in un programma terapeutico che coinvolga anche la famiglia”. L’intervento medico deve essere affiancato da un percorso psicoterapeutico per affrontare le cause profonde della malattia; in caso di “importante comorbidità psichiatrica – depressione e/o ansia – si può prevedere anche un intervento farmacologico”.

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