Coronavirus Covid-19: Cei, al via una “Rete che ascolta”. Suor Donatello, “fatica di famiglie con persone disabili”. Marinaro (Caritas), “perdita lavoro e aumento povertà”

“Sono grata a fra Marco per questa iniziativa”. Lo dice in un’intervista al Sir suor Veronica Amata Donatello, responsabile del Servizio nazionale Cei per la pastorale delle persone con disabilità, commentando il progetto “Rete che ascolta” che prende il via oggi per supportare le famiglie nella difficile ripartenza post-covid . Un numero nazionale per tutti e per le persone sorde l’indirizzo e-mail pastoraledisabili@chiesacattolica.it. Per loro “predisporremo dei video perché abbiamo ricevuto anche questa richiesta”, annuncia la religiosa sottolineando: “Il dono più bello è il mettersi in ascolto, l’accompagnare, l’essere prossimo. Loro sanno che c’è uno spazio in cui trovare persone – a volte anch’esse madri, padri o fratelli di persone con disabilità – che li comprendono e possono compiere con loro un tratto di cammino. Dopo il lockdown, la maggior parte di loro è ancora a casa, i centri diurni stanno riaprendo a singhiozzo e per le famiglie la fatica non è venuta meno”.
“Caritas italiana mette a disposizione la rete dei suoi circa 3.600 centri di ascolto, sparsi in tutte le diocesi”, aggiunge Renato Marinaro, referente Caritas del progetto insieme a Francesca Levroni. Dai due monitoraggi effettuati  in tutte le diocesi – uno ad aprile e uno appena concluso – “emergono situazioni di gravi difficoltà lavorative e di aggravamento di problemi economici”, spiega. Due terzi delle diocesi segnalano problemi familiari e profonda fatica dei ragazzi a stare al passo con le lezioni online. Poco meno del 60% segnala problemi sanitari. Molte persone si rivolgono alla Caritas per beni di prima necessità: pacchi alimentari, pasti, aiuti economici per il pagamento di affitti e bollette. “Fragilità preesistenti ma che la pandemia ha ulteriormente aggravato”. Attualmente è in corso la formazione di operatori che aiutino le persone aventi diritto ad usufruire dei sussidi governativi. Fondamentale la “buona collaborazione sviluppata con enti pubblici e con altre realtà del territorio” perché “non è pensabile che Caritas e Chiesa possano risolvere tutti i problemi. Occorre fare squadra”.

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