Tensione in Corea: mons. Lazzaro You (Daijeon), “siamo fratelli e sorelle. Per favore, lasciateci lavorare”

Bandiere di Corea del Sud e Corea del Nord

“Siamo fratelli e sorelle, abbiamo la stessa lingua, la stessa storia. Mi rivolgo ai Paesi limitrofi alla penisola coreana e alla comunità internazionale: per favore, lasciateci lavorare tra di noi. Siamo capaci di fare tutto, di lavorare insieme per raggiungere la pace e la riconciliazione del nostro popolo”. È l’appello che da Daejeon (Corea del Sud) lancia il vescovo Lazzaro You Heung-sik, mentre in Corea la tensione purtroppo si è alzata di nuovo alle stelle dopo che la Corea del Nord ha fatto saltare con un’esplosione l’ufficio di collegamento con la Corea del Sud a Kaesong. Nonostante tutti gli sforzi compiuti dall’attuale presidente sudcoreano Moon Jae-in, la Corea del Nord accusa la Corea del Sud di essere troppo influenzata dalla politica e dai diktat americani. “Il processo di riconciliazione – dice il vescovo – deve essere tra coreani perché siamo parte di un unico popolo e il futuro del Paese appartiene a noi”.
L’esplosione di oggi pare però essere una risposta dura della Corea del Nord al lancio, due settimane fa, di volantini propagandistici in territorio nordcoreano – tramite palloni aerostatici – ad opera di gruppi di dissidenti rifugiatisi da tempo in Corea del Sud. “Bisogna smetterla di parlare male gli uni degli altri”, chiede oggi il presule. “Il lancio di quei volantini ha fatto molto male. Per questo dico: affrontiamo questo momento con calma e soprattutto con un dialogo più costruttivo e rispettoso di ambedue le parti chiamate in causa”. Il vescovo guarda ora ad un’altra data importante per la Penisola: il prossimo 25 giugno ricorre il 70° anniversario della guerra di Corea. Da allora, le due Coree sono rimaste tecnicamente in uno stato di tensione militare dato che non hanno mai firmato un trattato di pace al termine del conflitto che li ha visti contrapposti dal 1950 al 1953. Mons. You ricorda a questo proposito quanto disse Papa Francesco proprio a Daejeon, incontrando i giovani asiatici nell’agosto del 2014: “Siamo fratelli e sorelle, che parliamo la stessa lingua”. “Quelle preziose parole ancora oggi assumono un valore eccezionale, perché sono un richiamo forte alla nostra memoria e interpellano la nostra coscienza di cristiani”, dice il vescovo. “Non è importante chi vince o chi perde, ciò che conta è andare avanti insieme ed essere operatori di pace; uomini e donne che con coraggio ed audacia evangelica sappiano lanciare ponti di fratellanza e di comunione. L’odio non porta da nessuna parte, non è mai la soluzione definitiva, perché ogni forma di divisione è sempre una grande sconfitta”.

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