Difesa intransigente della vita, rispetto della persona umana, servizio al paziente, personalizzazione della relazione terapeutica. Questi, in estrema sintesi, i criteri della pastorale della salute. Ne ha parlato oggi a Roma Susana Quieiroga, responsabile pastorale della provincia portoghese dei Fatebenefratelli, intervenuta alla seconda giornata del XXVI convegno nazionale di pastorale della salute “Con i sofferenti pellegrini di speranza”, promosso a Roma dall’Ufficio nazionale Cei fino a domani.
“La dimensione religiosa e spirituale – ha sottolineato Quieiroga – è tra i fattori più importanti nello strutturare l’intera esperienza di un individuo. Un approccio che tenga conto della spiritualità fornisce spiegazioni che potrebbero aiutare nella ricerca di una cura”. “Il paziente è il fondamento della nostra attività”, ha detto ancora la responsabile sottolineando l’importanza di “stare accanto alla persona; condividere il suo cammino; ascoltare con pazienza; accogliere e lasciarsi toccare dalla sua realtà esistenziale, dalla sua disperazione, dalle sue delusioni; stare vicino a ciò che provoca tristezza”. E ancora: “creare fiducia attraverso una presenza empatica; sensibilizzare con domande capaci di provocare risposte autonome; iniziare da dove le persone si sentono a proprio agio; offrire alle persone un’interpretazione della vita basata sul Vangelo”. Infine “non insegnare con un atteggiamento di superiorità, dall’alto verso il basso, ma confidare nell’efficacia della condivisione e nella forza della parola; non intromettersi, ma accettare l’invito alla comunione; rivelare, con i fatti, l’autenticità, la credibilità e la verità della parola ascoltata”. Occorre insomma, ha concluso Quieiroga, un’attenzione integrale, “per farci prossimo ai bisognosi seguendo l’esempio del Buon Samaritano o per dirla con le parole di San Giovanni di Dio: il cuore comandi!”,