Autonomia differenziata: Acli, appello al governo a fermarsi per non aumentare diseguaglianze e dividere Italia in due

“L’approvazione dell’autonomia differenziata modificherebbe l’assetto istituzionale e costituzionale di questo Paese, ma anche il nostro modello sociale”: queste le parole di Antonio Russo, vicepresidente nazionale delle Acli e portavoce di Alleanza contro la povertà, che ha aperto questa mattina la Conferenza nazionale di Coesione territoriale, organizzata dalle Acli a Napoli, con al centro del dibattito proprio il ddl Calderoli sull’autonomia differenziata, approvato al Senato a gennaio. “Con la riforma a regime, l’Italia tornerebbe al feudalesimo e questo causerebbe la fine dello Stato unitario. Un sogno secessionista da cui nasceranno 21 Stati-Regioni con 23 materie di competenza legislativa esclusiva, tra cui la scuola, i trasporti, le infrastrutture, la sanità. Ci sarebbe anche la possibilità di realizzare macro regioni: una specie di Brexit in salsa italiana. Siamo di fronte ad un regionalismo divisivo, concorrente e competitivo. Il vero tema è il federalismo fiscale grazie al quale si potrebbe realizzare una forma esasperata di darwinismo istituzionale, dove resiste chi ha un gettito fiscale superiore. A riforma ultimata Il 33% del gettito fiscale nazionale andrebbe a Lombardia e Veneto”. Nel suo intervento Russo ha sottolineato come ci sia il rischio che il regionalismo solidale compreso nella Costituzione, si trasformi in un processo che legittima il separatismo. “È una riforma che, come avrebbe detto don Milani, fa parti uguali tra diseguali. Noi auspichiamo che ci sia un movimento civico di forte opposizione a questa legge. Rivolgiamo un appello a tutte le forze politiche del Governo: per favore fermatevi, non commettete questo errore”. Ci sarebbe un rischio di incostituzionalità della riforma, secondo Giovanna De Minico, docente di diritto costituzionale all’Università Federico II di Napoli, dato che il regionalismo previsto sarebbe di tipo competitivo e non cooperativo come pensato in origine. “Se si differenzia a vantaggio delle regioni che lo chiedono, rimane poco per i livelli essenziali delle prestazioni, che rappresentano i nostri diritti sociali, dall’istruzione alla sanità. Per questo il costituente ha stabilito che devono restare nelle mani del Parlamento”. Intervenuto all’incontro anche Ciro Bonajuto, sindaco di Ercolano e vicepresidente dell’Anci: “Il Governo Meloni sembra aver cancellato dall’agenda politica la parola Mezzogiorno. La battaglia contro l’autonomia differenziata non è la battaglia di un sindaco del sud contro un sindaco del nord. È la battaglia sul futuro dei nostri figli”. Parole che hanno fatto eco a quelle di Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, che chiedendo che le risorse aggiuntive siano destinate al sud, ha sottolineando come “l’autonomia differenziata possa portare ad una rottura dell’unità nazionale”.

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