Politica: mons. Crepaldi, “il cristianesimo e la Chiesa devono intervenire direttamente nella vita sociale”

“Queste giornate si misurano con molti processi in atto nella nostra società e lo scopo non è solo quello culturale ma anche di illuminare di verità e speranza la presenza e l’azione dei cattolici nella società italiana di oggi”. Lo ha detto mons. Giampaolo Crepaldi, vescovo emerito di Trieste e già segretario del Pontificio Consiglio giustizia e pace, nei saluti introduttivi all’evento “Le Tavole di Assisi” che si tiene oggi e domani ad Assisi, “per rilanciare e riscoprire il significato e l’importanza del pensiero cristiano e conservatore nella società contemporanea”. “La fede, unitamente al corretto uso della nostra ragione, non ha perso la capacità di animare questa nostra azione nella società”, ha argomentato il presule: “Oggi si pensa che l’azione del cristiano possa essere solo indiretta e debba passare attraverso le vie della laicità o del mero personalismo, ma non è così. Constatiamo oggi le difficoltà e i pericoli di una simile impostazione, poiché il cristianesimo si riduce ad agenzia di animazione e l’agire morale è considerato autosufficiente così come la fede si riduce a buone pratiche, sempre morali, che è il potere di turno a stabilire”. “Bisogna invece recuperare la convinzione che il cristianesimo e la Chiesa debbano intervenire direttamente nella vita sociale, ovviamente non per sostituirsi ad altre realtà diverse, autonome e laiche, ma per orientare la vita pubblica nel suo fine ultimo che è sempre trascendente”, la proposta di Crepaldi: “Cercare Dio ha dirette conseguenze sociali come affermava Benedetto XVI”. Sempre “Benedetto XVI diceva che Cristo accoglie tutti ma non accoglie tutto e ciò ci fa capire come i cattolici non possono, moralmente, collaborare con tutti”. “La fede e la pastorale devono incontrare gli altri, ma se non c’è una vera identità non ci può essere un incontro”, ha proseguito il presule, secondo il quale “agnosticismo e nominalismo oggi purtroppo sono troppo presenti tra i cattolici e gli uomini di Chiesa. Questo evidenzia una certa liquidità nell’essere cattolici nella società, che si traduce in un certo attivismo magari frenetico ma alla fine improduttivo. Tutto ciò è anche alla base dell’oblio dei principi non negoziabili: vita, famiglia, libertà di educazione. Quando la società toglie queste principi non ha più paletti e si può permettere di fare tutto e acconsentire a qualsiasi cosa. La stessa società, ma anche la politica, si svilisce perché diventa senza criterio”.

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