Germania: Welskop-Deffaa (Caritas), “servono urgenti norme legali per regolamentare il suicidio assistito”

La presidente della Caritas tedesca, Eva Maria Welskop-Deffaa, richiede la regolamentazione delle questioni del suicidio assistito: devono esserci standard legali che stabiliscano criteri per la volontà liberamente espressa di coloro che desiderano morire – ha scritto in un articolo per “kreuz-und-quer.de”, forum della Fondazione Kondrad Adenauer. “Abbiamo bisogno di standard legali per chiarire la responsabilità personale. A differenza dei Paesi limitrofi, la Corte costituzionale federale non collega espressamente l’uso legalmente consentito del suicidio assistito alla presenza di una malattia grave che è associata a dolore insopportabile o che porta alla morte nel prossimo futuro”. Quindi per Welskop-Deffaa “solo la ‘libera responsabilità’ segna il confine tra il suicidio assistito impunito e l’omicidio punibile. La questione di come tutelare la libertà di responsabilità e di come dimostrare la libertà di responsabilità non può in alcun modo essere lasciata a chi opera il suicidio assistito come modello di business”. Sono necessarie norme legali: “c’è un urgente bisogno di chiarimenti giuridici circa l’età a partire dalla quale una decisione liberamente responsabile sulla propria morte dovrebbe essere considerata possibile”. Per la presidente c’è bisogno “di una regolamentazione legale che assicuri l’obbligo istituzionale di non cooperazione e non tolleranza delle istituzioni. Le organizzazioni che forniscono assistenza agli anziani, ad esempio, o assistenza all’integrazione, hanno bisogno di certezze su quando e come possono vietare alle organizzazioni di assistenza al suicidio di entrare e uscire dai loro locali. Il gruppo di istituzioni che attuano un concetto di protezione che esclude il suicidio assistito non deve limitarsi alle organizzazioni religiose”: serve che si regolamenti “l’obbligo istituzionale inclusivo di non cooperazione e non tolleranza, che chiarisca che vi sono motivi religiosi e non religiosi per creare spazi in cui” le persone “non si debbano trovare di fronte alla questione se vogliono avvalersi dell’assistenza al suicidio”.

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