Diocesi: mons. Morfino (Alghero-Bosa), “bonifichiamo gli ‘ordigni’ che generano violenza”

“Fare memoria del bombardamento su Alghero del 1943 – con le tante vittime, i tanti feriti, la distruzione totale o parziale di abitazioni ed edifici pubblici (compresa la cattedrale e l’Episcopio) con la conseguente fuga dalla città, in cui si trattennero pochissime persone tra le quali i vigili del fuoco, qualche rappresentante dell’amministrazione e il vescovo Ciuchini – è doveroso per noi che oggi abitiamo questo lembo di terra baciato dal sole, bello, ricco di storia e ancora, grazie a Dio, luogo di vita, di relazioni, di affetti, di progetti e di speranze”. Lo scrive, in un messaggio, il vescovo di Alghero-Bosa, mons. Mauro Maria Morfino, in occasione dell’ottantesimo anniversario del bombardamento sulla città di Alghero (17 maggio 1943). “A noi, che non abbiamo patito sulla nostra pelle quell’insulto grave, sconsiderato, immotivato e per questo disumano, piovuto dai bombardieri Alleati”, resta “l’impegno grave, umanamente irrinunciabile (e non procrastinabile), di essere sentinelle vigili e responsabili perché le ‘mine terrestri’ – queste, ahimè, confezionate più o meno scientemente dalle nostre mani, dai nostri stili di vita e non piovute dall’alto – delle ingiustizie, delle disparità sociali ed economiche eclatanti, dei sogni e dei progetti irrealizzabili e irrealizzati dei giovani che tentano di posizionarsi dignitosamente nel lavoro e nella società, vengano intercettate e disinnescate prontamente”. Oggi, Alghero, ricorda il vescovo, “può presentare ammirevoli ed eleganti costruzioni. Eppure, un’abitazione dignitosa ed a condizioni economiche sopportabili, non è ancora per tutti. Anche questa è una ‘mina’ che, deflagrando, potrebbe fare molto male”. “Se, giustamente, ci fanno terrore le bombe e le incursioni armate”, “non possiamo distogliere l’attenzione da tante altre esplosività. Questi ‘ordigni’ più nostrani, urbani, che immergono la propria miccia nel propellente delle gelosie, dei narcisismi, delle paure, del proprio dovere non compiuto, delle superficialità, dell’indifferenza – che talvolta, sono così ben confezionati da scoppiare in modo posticipato e ancora più devastante – minacciano, proprio oggi, la vera pace sociale e un’autentica con-vivenza”. Di qui l’invito: “Vanno dunque bonificati tutti questi ordigni confezionati da violenze, sopraffazioni, prevaricazioni e pregiudizi. Sono tragici e innescano deflagrazioni di umanità: siano essi relazionali, di distribuzione e condivisione dei beni, di dispositivi burocratici pesanti e inconcludenti, di pericolosi ed ingiustificati crateri sanitari, di percorsi educativi e scolastici non congrui o non conclusi… Sono bombe disseminate e solo all’apparenza, irrintracciabili e indistruttibili, che devono essere prontamente disinnescate e neutralizzate. Perché sono letali. Può, paradossalmente, attivarsi un bombardamento ‘dal basso’, tristemente innescato da noi e, per certi versi, non meno tragico di quello del 1943”.
La memoria del bombardamento “oggi si concretizza con una cura rinnovata per le persone, per ciascuna senza preconcetti, senza selezioni, senza sconti e, soprattutto, senza il ritrarsi dicendoci, più o meno sommessamente, ‘non tocca a me’. Non possiamo dimenticare che la ripresa post bellica si è potuta ampiamente attivare anche per la spassionata generosità di molti che hanno saputo mettere da parte interessi personali, interessi di parte e puntare decisamente al bene comune. Perché il volto guarito dell’amore è la gratuità”, conclude mons. Morfino.

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