Ucraina: mons. Kryvytsky (vescovo di Kiev) su Via Crucis al Colosseo, “si sono sbagliati. Mi auguro che gli organizzatori possano ancora correggere il quadro”

“Condivido l’opinione di molti miei connazionali riguardo al dolore che la XIII stazione provoca alle nazioni in conflitto piuttosto che unirle. Il gesto di riconciliazione in sé è buono, ma i dettagli delle circostanze possono non essere intesi al di fuori del conflitto in quanto non sono univoci”. Per questo la protesta ha avuto “un’eco così ampia”. Con queste parole, anche il vescovo cattolico latino di Kiev, mons. Vitalii Kryvytsky, prende posizione in merito alla Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo dove alla stazione XIII due donne – una ucraina e una russa – porteranno insieme la croce. In una dichiarazione giunta questa sera al Sir, il vescovo premette, “Non oso farmi giudice di nessuno”. E poi assicura: “Mi sembra di aver fatto, nelle ultime 24 ore, tutto quanto mi era possibile per mettere in evidenza l’inadeguatezza di questo gesto liturgico nel contesto dell’orribile guerra e di un suo possibile inasprimento pianificato. Affido tutto il resto a Dio. Anche io sono convinto di aver fatto quanto era nelle mie possibilità per non proferire alcuna parola superflua di giudizio verso coloro, che non hanno preso in considerazione fino in fondo tutte le circostanze. Si sono sbagliati, tentando di mettere tutti i propri sforzi nel tentativo di porre fine alla guerra. Mi auguro sinceramente che gli organizzatori possano ancora correggere lo scenario della Via Crucis e di mettere fine ad ulteriori discussioni a riguardo”. Per spiegare poi le ragioni della inopportunità del quadro della via crucis, il vescovo salesiano fa un esempio medico: “Ho un sacerdote nella diocesi, che ora sta vivendo un complicato processo di ricostruzione dell’articolazione. Pur non essendo un’operazione ai nostri tempi così complicata, c’è però una complicazione, in quanto l’osso dell’articolazione ha una seria infiammazione. La nuova articolazione non è male, ma questa non può essere messa al suo posto se prima non viene curata la malattia”.

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