Tutela minori: don Marchetti (Bergamo), “denunciare per poter perseguire il crimine”

“Perché denunciare? Perché senza avere notizia di un crimine, risulta assai difficile poterlo perseguire”. Questa la domanda provocatoria con cui don Gianluca Marchetti, cancelliere della curia di Bergamo e membro del Servizio nazionale per la tutela dei minori della Cei, ha aperto il suo intervento nel corso della Giornata di studio su “L’indagine previa” in corso oggi a Roma. “Crimini odiosi come quelli degli abusi sessuali su minori e persone vulnerabili – ha spiegato don Marchetti – sono ancora più difficili da far emergere se chi ne è a conoscenza, e di solito si tratta della vittima stessa e talvolta di pochissime altre persone, non ne parla. Non vi è alcun dubbio dunque che acquisire notizie di questi delitti, in modo particolare attraverso la loro segnalazione da parte di chiunque ne sia a conoscenza, sia della massima importanza così come, successivamente, una trattazione rapida, seria, trasparente e corretta delle segnalazioni ricevute”.
“Certamente nel passato, neppure troppo lontano, non sempre si è data la dovuta attenzione alle vittime e alle segnalazioni di abusi nei loro confronti – ha proseguito il giurista –. Non sempre chi faceva una segnalazione è stato preso in debita considerazione e/o ha trovato persone disposte ad un ascolto accogliente e non giudicante”, ma da alcuni anni a questa parte il contesto è cambiato e l’attenzione è cresciuta, pertanto “acquisire la notizia di un delitto è un passo necessario in primo luogo per perseguire eventuali responsabilità ed impedire il reiterarsi di fatti gravissimi”. Una conoscenza che non deve essere limitata a fatti recenti, ma “anche se si trattasse di avvenimenti che si collocano nel passato e che, per varie ragioni, non possono più essere penalmente perseguiti, il vulnus inferto non solo alle vittime, ma alla stessa comunità magari legato a silenzi, negligenze e indifferenza non cade in prescrizione, ma resta ed esige, per giustizia, il coraggio e l’umiltà di essere affrontato e accompagnato”. “La conoscenza poi e la consapevolezza di quanto avvenuto e che mai avrebbe dovuto accadere – ha concluso don Marchetti –, non soltanto può favorire il cammino comunitario di purificazione e conversione, ma anche offrire la possibilità di costruire percorsi di formazione e di prevenzione più efficaci e puntuali”.

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