Settimana liturgica nazionale: mons. Brambilla (Novara), “attenzione” ai pericoli della “sacralizzazione e spettacolarizzazione”

“L’agire di Dio ha capovolto la vicenda di Gesù risorto, esalta Gesù crocifisso, contrastando l’agire dell’uomo. Tutte le settimane celebriamo il contrasto fra queste due azioni: l’agire che separa e quello che è capace di unire”. A dirlo è stato mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara, nella prolusione di apertura della 71ª Settimana liturgica nazionale che si è aperta questa mattina nella cattedrale di Cremona. Secondo il vescovo, due sono i grandi pericoli della liturgia oggi: la sacralizzazione e la spettacolarizzazione. Questa ultima si manifesta nel “modo superficiale d’intendere la partecipazione che in prima battuta è passiva, poiché è l’accoglienza del dono del Signore. Questo difetto ha comportato celebrazioni chiassose, più simili a happenning. La celebrazione deve essere bella, senza essere estetizzante, deve prevedere molti attori, senza la pretesa di diventare una passerella per tutti, deve essere espressiva senza avere tutta la rappresentanza dei segni”. Tre sono le cose irrinunciabili nella liturgia. In primo luogo, la bellezza: “Proviamo a metterci in fondo alla chiesa per vedere se l’insieme della azione ridà l’intero, la seconda riguarda la ministerialità, che deve essere dosata bene, e la terza riguarda le forme espressive che non devono essere spettacolari o trionfalistiche”. Il difetto opposto è la sacralizzazione per cui, secondo mons. Brambilla, “nessuno può pensare di sequestrare la tradizione o di erigersi a giudice della vera tradizione. È un atto presuntuoso che, sotto il pretesto di difendere un rito, di preservare il mistero, spesso nasconde rigidità personali e povertà culturali. Non si tratta del mistero santo ma del misterioso che talvolta sfiora i confini del magico. Taluni identificano il senso del mistero, così alcuni gesti, alcuni paramenti, alcuni canti, riducono la celebrazione a una partecipazione incomprensibile. Basta leggere un testo dalla grande tradizione per capire quanto ci si possa allontanare dal senso della fede e dalla pratica cristiana”.

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