Migranti alla frontiera tra Colombia e Panama: appello di Celam e Clamor, “si cerchino soluzioni integrali”

Il Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) e la Rete ecclesiale latinoamericana e caraibica per la migrazione, lo sfollamento, il rifugio e la tratta di persone (Clamor) hanno espresso la loro preoccupazione in una dichiarazione sulla crisi migratoria al confine tra Colombia e Panama. La nota, diffusa ieri, fa seguito a quella di 24 ore prima, firmata dalla stessa rete Clamor e dai vescovi colombiani e centroamericani. A firmare il comunicato sono il presidente del Celam, mons. Miguel Cabrejos, il segretario generale, mons. Jorge Eduardo Lozano, e il presidente della rete Clamor, mons. Gustavo Rodríguez.
Secondo i dati delle autorità panamensi, più di 40mila persone sono in transito verso gli Stati Uniti, tanti “di loro in situazioni di estrema vulnerabilità ed esposti a reti criminali”, si avverte nella nota, che segnala al tempo stesso “la grave situazione di pubblica calamità a Necoclí, nell’Urabá antioqueño (Colombia), dove sono arrivati ​​migliaia di migranti, principalmente da Haiti, oltre che da Cuba, Venezuela, Senegal, India, Pakistan, Congo, Bangladesh, Burkina Faso, Ghana ed Eritrea”.
In questo contesto, affermano il Celam e la rete Clamor, “ci ferisce la situazione di tanti fratelli e sorelle migranti – tra cui donne incinte, bambini e anziani – che attraversano il passaggio del Darién con l’illusione di muoversi verso condizioni di vita migliori”, mentre invece viaggiano in quella zona “senza alcun tipo di sicurezza, nel mezzo di una fitta foresta tropicale, rischiando la morte in questo pericoloso transito migratorio, vittime di bande criminali, trafficanti di esseri umani e dell’inclemenza della natura in un cammino che può durare tra 5 e 11 giorni”.
Gli organismi ecclesiali fanno appello alle autorità della regione, perché “cerchino soluzioni integrali che garantiscano la vita e la dignità dei nostri fratelli migranti, nella prospettiva indicata dal Santo Padre: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. È necessario unire gli sforzi per costruire condizioni affini a una cultura dell’incontro, attraverso politiche e azioni concrete che favoriscano il dialogo, la fraternità e la solidarietà”.

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