Libano: don Zakerian (missionario siriano), “ferite materiali e morali, ripercussioni sui più fragili”

Non è solo la popolazione libanese ad essere stata colpita dall’esplosione al porto di Beirut, il 4 agosto scorso (190 i morti finora accertati): “La pena più grande per noi è vedere le ripercussioni sui più fragili. Le famiglie di rifugiati siriani e iracheni che abitano nelle vicinanze del porto; persone rimaste ferite fisicamente, o anche toccate psicologicamente e ancora sotto shock. Ci sono anche molti bambini che adesso vivono nel terrore. Sono scappati dalla guerra nei loro Paesi e si sono ritrovati in un Libano insicuro e causa di altro dolore e morte”. A raccontare al telefono la preoccupazione per le tante persone che a Beirut hanno subito il dramma di una “seconda guerra”, ma anche le attività di ricostruzione e assistenza, è don Simon Zakerian, missionario salesiano di origini siriane, che con gli altri confratelli vive ad Al Fidar, sulla costa, a circa 30 km da Beirut. Il missionario racconta a “Popoli e Missione” (www.missioitalia.it), in occasione della Giornata di preghiera e digiuno per il Libano indetta dal Papa, la situazione a un mese dall’esplosione.
I padri salesiani si sono dati da fare fin da subito con una serie di attività a sostegno dei rifugiati colpiti direttamente o indirettamente dall’esplosione e li hanno ospitati per delle settimane di permanenza nella loro casa di El Housson, in montagna: “Lo abbiamo fatto – spiega – per cercare di fare riposare queste famiglie, soprattutto i bambini, ed allontanarli dalla tensione che ancora si respira a Beirut dal giorno dell’esplosione”. “Non si tratta solo di danni materiali, quanto di danni morali: di ferite profonde, psichiche, morali, inflitte a una popolazione che comprende anche profughi siriani e iracheni, fuggiti dalle ‘loro guerre’, e che in Libano si sono ritrovati coinvolti da un altro dramma”.

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