Eritreo investito a Siculiana: p. Ripamonti (Centro Astalli), “vita spezzata non da una fatalità ma da mancanza di politiche adeguate di accoglienza”

“Una vita spezzata non da una fatalità ma dalla mancanza di politiche adeguate di accoglienza e presa in carico per i migranti che arrivano in Italia”. Così padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, commenta la morte del giovane eritreo di 20 anni investito da un’auto in provincia di Agrigento dopo che aveva lasciato il centro di prima accoglienza Villa Sikania di Siculiana in cui stava dal 1° agosto insieme ad altri 200 migranti.
“I numeri degli arrivi ci dicono che non si può giustificare il clima di emergenza in cui è piombata la Sicilia”, prosegue il sacerdote, secondo cui “circa 20mila persone arrivate via mare nel 2020 non possono mettere in crisi, neanche in questa fase di pandemia, il sistema di accoglienza di un Paese che in un recente passato ha gestito numeri fino a dieci volte superiori”.
“L’accoglienza diffusa e progettuale gestita nel rispetto delle norme di sicurezza per il contenimento della pandemia – sottolinea Ripamonti – non solo è possibile ma necessaria: i migranti non sono merci da tenere ferme in magazzino, sono esseri umani da accogliere e proteggere”.
Per il Centro Astalli è “urgente che il governo stabilisca, accanto alle procedure per gestire il rischio di contagio allo sbarco, anche misure sul medio e lungo periodo che prevedano la distribuzione di piccoli numeri di migranti in tutte le regioni. Per questo è necessaria una modifica tempestiva dei Decreti Sicurezza in modo da consentire una presa in carico progettuale dei migranti fin dal primo giorno”.
“Si torni inoltre a chiedere una maggiore corresponsabilità nella gestione dei flussi all’Unione europea”, conclude la nota: “Mai come ora è necessaria la riforma del trattato di Dublino che consentirebbe una equa distribuzione dei migranti in tutti gli Stati membri”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Territori