Chiesa: Bari, due giorni di esercizi spirituali per persone con disabilità intellettiva

Due giorni di esercizi spirituali per persone con disabilità intellettiva. A organizzarli a Bari, il Centro volontari della sofferenza, confederazione di associazioni diocesane fondato dal beato Luigi Novarese, che ebbe l’intuizione di far fare esercizi spirituali a giovani e adulti con disabilità fisica. Dalla fine degli anni ’90, quest’esperienza è stata estesa a persone con ritardi cognitivi e autismi. L’iniziativa, che negli ultimi anni è stata organizzata a livello nazionale, quest’anno, a causa della pandemia, si farà a livello diocesano. E, a Bari, saranno coinvolte circa 50 persone che si ritroveranno, tra il 24 e il 25 luglio, in un’oasi diocesana. Lo stile, invece, non cambia: sarà esperienziale e narrativo. Da una storia biblica o da una favola i formatori estrapoleranno i contenuti antropologici e biblici che poi verranno approfonditi. Seguirà un momento di catechesi tenuta da un sacerdote. Poi, i partecipanti saranno suddivisi in tre gruppi – arte, danza e teatro – in modo da rielaborare con i loro linguaggi esperienziali la Parola.
In programma anche celebrazioni e momenti di adorazione eucaristica quotidiana. “I ragazzi in questa maniera si sentono valorizzati come persone a 360 gradi, perché avere un ritardo mentale o un aiutismo non significa non avere una dimensione spirituale – spiega Annalisa Caputo, formatrice e docente all’Università di Bari -. Quindi, si vuole compiere una volorizzazione delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Le persone raggiunte con i loro linguaggi riescono a tirare fuori, a livello di preghiera e di piccole meditazioni o a livello fisico o corporeo, intuizioni dello spirito. Ci sono ragazzi che non parlano ma che durante l’adorazione eucaristica fanno capire come avvertano la presenza di Dio. O durante il laboratorio di danza, attraverso i gesti, riescono a comunicare molto di più di un discorso fatto da tante parole. Quindi, hanno il loro modo di ricevere il Vangelo e comunicarlo. Noi, come formatori, osserviamo il loro modo di vivere il rapporto con Dio che è immediato, semplice, e fa cadare le sovrastrutture, le domande inutili. Torniamo a casa arricchiti”.

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