Senza fissa dimora: Policlinico Gemelli, trattare disturbi da alcol non è una “mission impossible”. Mons. Galantino, “sfida vinta contro la cultura dello scarto”

Trattare i disturbi da alcol negli homeless non è una mission impossible. È quanto emerge da uno studio condotto dal gruppo guidato da Giovanni Addolorato, responsabile dell’Unità di Medicina interna e patologie alcol-correlate della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs, che opera all’interno del Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche del Gemelli, diretto da Antonio Gasbarrini, appena pubblicato su “Alcohol and Alcoholism”, rivista ufficiale della European Society for Biomedical Research on Alcoholism, titolo “Make Mission Impossible Feasible: The Experience of a Multidisciplinary Team Providing Treatment for Alcohol Use Disorder to Homeless Individuals”.
“Si tratta – spiega una nota – di un piccolo studio ‘proof of concept’, prezioso per quello che ha dimostrato e unico nel suo genere. La mission apparente impossibile di trattare i disturbi da alcol negli homeless è invece fattibilissima e fino a oggi non esistevano dati in letteratura sull’argomento in questa popolazione”.
“Le persone sulle quali abbiamo avuto maggior impatto – ha sottolineato Addolorato – sono quelle che accettavano di andare a dormire nella Villetta o in altre soluzioni abitative (roulotte o prefabbricati), piuttosto che continuare a stare per strada. Ma anche sugli altri abbiamo registrato un miglioramento”. “Alla luce dei risultati ottenuti – ha proseguito – possiamo oggi dire che non è etico che questi pazienti siano discriminati nell’accesso alle cure; escluderli dall’assistenza per il preconcetto che non si otterranno risultati è ormai inaccettabile”. “In futuro – ha concluso Addolorato – continueremo a seguire questi pazienti perché fa parte della nostra missione di medici occuparci della fragilità delle persone. E un homeless riassume in sé tutte le fragilità del mondo”.
Mons. Nunzio Galantino, presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (Apsa), ha sottolineato come lo studio sia stato una “sfida accettata in un clima socio-culturale, come il nostro, sempre più incline a creare ‘scarti’ e a disfarsi senza scrupoli di ciò che non risponde a canoni condivisi”. “I risultati ottenuti, documentati scientificamente e riconosciuti rappresentano un valore aggiunto per tutti”, ha proseguito Galantino, sottolineando come “tolgono ogni alibi al perbenismo di chi continua a dire che ‘con alcune categorie di persone non c’è niente da fare!’” ed “esaltano il valore della gratuità, poco o per niente quotata nella borsa dei valori correnti”. Per il vescovo, “il contatto con le fragilità e il piegarsi con amore gratuito sulla ‘carne sofferente di Cristo’ – quando vengono vissuti in maniera consapevole e partecipe – sono in grado di guarire o almeno di ridimensionare pretese, arroganze e controversie pretestuose”.

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