Anziani: i geriatri chiedono di potenziare l’assistenza. “Più reparti per acuti in ospedale, valorizzare nostro ruolo in Rsa e assistenza domiciliare”

L’emergenza Covid-19 ha reso drammaticamente evidente la carenza di assistenza geriatrica in tutti i setting di cura, dal territorio ai reparti per acuti e alle strutture intermedie. Ora occorre ripensare l’organizzazione e la diffusione dei reparti ospedalieri di geriatria per acuti, in Lombardia come in tutto il Paese. A lanciare l’appello ai vertici della Regione Lombardia – il governatore Attilio Fontana, l’assessore al Welfare Giulio Gallera e il direttore generale al Welfare Marco Trivelli – e alle istituzioni nazionali sono oggi la Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg), la Società italiana di geriatria ospedale e territorio (Sigot) e l’ Associazione geriatri extraospedalieri (Age).
La carenza di posti letto in Unità operative di geriatria, affermano, “è emersa in molte e popolose regioni (Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia, Piemonte), nonostante l’evidenza epidemiologica e clinica che vede soggetti anziani con riacutizzazioni di patologie croniche, o con eventi acuti sovrapposti a queste, rappresentare la quota prevalente delle richieste per assistenza medica in emergenza-urgenza”. “Da una recentissima ricognizione Sigg-Sigot emerge che in Lombardia ci sono soltanto 202 posti letto di geriatria per acuti per più di 10 milioni di abitanti, pari a 0.02 posti letto per 1000 abitanti, a fronte di una media nazionale di 0.059. Soprattutto in Lombardia, quindi, è necessario conformare l’offerta di posti letto per acuti in geriatria al fabbisogno standard che, orientativamente, può essere desunto dal modello Veneto”, hanno sottolineato Filippo Fimognari, presidente Sigot, e Raffaele Antonelli Incalzi, presidente Sigg, per i quali occorre avvicinarsi agli standard del Veneto, ossia “arrivare a una cifra di 0.18 posti letto per 1000 abitanti in tutte le Regioni”. Occorre inoltre valorizzare il ruolo dei geriatri nelle Rsa e nell’assistenza domiciliare: “Un ottantenne – spiegano – non è un adulto con anni in più, è un organismo biologicamente, psicologicamente e affettivamente diverso e come tale richiede un’assistenza che ne rispetti le peculiari esigenze. È drammaticamente urgente restituire un ruolo alle competenze di chi studia l’invecchiamento”.

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