Terra Santa: mons. Pizzaballa (Gerusalemme), “il frutto che siamo chiamati a portare è la carità. In guardia dagli integralismi”

“Ci vuole tempo per diventare semplicemente ciò che si è, per portare quei frutti per cui siamo venuti al mondo. Il grano ha bisogno di tempo per essere riconosciuto come grano, per non essere confuso con altro. È già stato seminato nel terreno, ma non c’è soltanto lui, e solo il tempo saprà dire cosa porta un buon frutto, e cosa invece no”. Ruota intorno al “tempo” la meditazione di mons. Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, della pagina del Vangelo di domenica 19 luglio. Commentando le tre parabole contenute nel brano domenicale del Vangelo (Matteo) quella del grano e della zizzania, del granello di senape e del lievito, l’arcivescovo sottolinea come “il potenziale del seme, se non accetta la legge paziente della crescita, va perduto. Il seme che non mette radici in profondità, ma pretende di portare frutto subito, non arriva a maturazione. Anche il lievito ha bisogno del tempo per far fermentare la pasta”. “Il tempo – spiega mons. Pizzaballa – ci è offerto per accogliere completamente il dono che già ci è stato dato in pienezza. Dio non ha fretta, e il tempo è il mistero della Sua pazienza, della Sua misericordia, che attende le fasi della nostra crescita, attende che noi portiamo frutto. Siamo noi, piuttosto, ad essere impazienti, come i servi della parabola della zizzania, che pretendono già di saper discernere ciò che è bene da ciò che è male. Ma il Signore mette in guardia da questo metodo un po’ integralista: se così facessimo, infatti, alla fine non rimarrebbe niente, né grano né zizzania. Nessuno di noi si salverebbe”. Sarà al tempo della “mietitura”, alla fine, vedere “cosa è maturato nella vita delle persone, quali frutti ne sono nati, che cosa realmente viene da Dio, e che cosa no: non ci sarà più possibilità di dubbio, perché ciò che viene da Dio “risplenderà come il sole” (Mt 13,43), mentre tutto il resto andrà perduto, non ne rimarrà nulla, come l’erbaccia che si brucia nel fuoco”. Per mons. Pizzaballa “il frutto, che tutti siamo chiamati a portare, è la carità, che nasce dall’ascolto della Parola del Signore”. Ma, avverte l’arcivescovo, “non è un frutto che si dà in un attimo, e solo chi ha la pazienza di morire, come il chicco di grano, di accogliere ogni giorno la vita dalle mani di Dio, produce, alla fine, un frutto buono”.

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