Coronavirus Covid-19: don Grimaldi (cappellani carceri), “antidoto a isolamento è curare con amore il dolore di chi si sente solo, scartato, emarginato”

“In questi giorni di grande riflessione in cui stiamo toccando con mano la fragilità della nostra splendida Nazione, schiacciati dalla paura e dall’ansia a causa di un virus che sta soffocando la nostra speranza e fratellanza umana, siamo chiamati ad interrogarci sulla fragilità e sulla fluidità delle nostre relazioni che modificano il nostro modo di vivere”. Lo scrive l’ispettore generale dei cappellani delle carceri, don Raffaele Grimaldi, nel messaggio per Quaresima a cappellani, diaconi, religiosi e religiose e al mondo del volontariato che operano negli istituti penitenziari. “Il ‘virus’ della paura e della diffidenza hanno preso il sopravvento sulla speranza per diffondersi nascostamente in tutte le nazioni del mondo”, prosegue il sacerdote ricordando che “l’impegno di tutte le forze messe in campo per contenere l’emergenza è notevole con la priorità morale e medica di arginare il più possibile il dilagante contagio”.
Don Grimaldi ricorda che “anche nelle nostre carceri abbiamo avuto precise indicazioni, per evitare il diffondersi dei contagi. Ai volontari è stato interdetto l’ingresso negli istituti, gli incontri e le celebrazioni eucaristiche sono annullate e i colloqui ridotti. Tutte queste privazioni colpiscono una realtà – quella del carcere – già emarginata dalla società e che avrà come effetto l’assoluta solitudine”.
“Noi cappellani – aggiunge – siamo tra i soli autorizzati insieme ad altre figure professionali ad entrare tra le mura delle nostre carceri. Il nostro prezioso servizio diventa, perciò, più impegnativo con la nostra vicinanza ed è questo l’antidoto all’isolamento: curare con l’amore il dolore di chi si sente solo, scartato, emarginato”. In Quaresima, evidenzia “siamo chiamati a rinvigorire la speranza e soprattutto a non cedere alla rassegnazione”.

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