Rapporto Svimez: sanità e scuola, un divario che incide sui diritti di cittadinanza

Dalla scuola alla sanità “il divario di cittadinanza ci ha resi più fragili di fronte alla pandemia”. Così si è espresso il direttore della Svimez, Luca Bianchi, nel corso della presentazione del Rapporto 2020 dell’associazione. E ha spiegato: “Il divario nei servizi è dovuto soprattutto a una minore quantità e qualità delle infrastrutture sociali e riguarda diritti fondamentali di cittadinanza, in termini di sicurezza, di adeguati standard di istruzione, di idoneità di servizi sanitari e di cura”. Il Rapporto mette in evidenza alcune situazioni esemplari. La spesa pro-capite dei Comuni nei servizi socio-educativi per la prima infanzia (dati 2018) vede il Centro a quota 1468, il Nord-Est a 1255, il Nord-Ovest a 866, le Isole a 415 e il Sud a 277 euro per ogni bambino 0-2 anni. La percentuale di tempo pieno nella scuola primaria è pari a 46,1 nel Centro-Nord e a 16 nel Mezzogiorno. Nel Sud sono tre anni che i numeri dell’abbandono scolastico hanno cessato di scendere. La chiusura delle scuole a causa della pandemia è stata un ulteriore fattore di moltiplicazione delle disuguaglianze. I ragazzi tra 6 e 17 anni che vivono in famiglie in cui non sono disponibili strumenti informatici sono il 34% nel Meridione contro il 19,8% nel Centro e il 17,6% nel Nord. Molto pesanti, in un contesto domestico, anche le differenze territoriali nel titolo di studio dei genitori. Per quanto riguarda la sanità, la situazione del sistema di partenza “si è tradotta a ottobre nell’esigenza di maggiori restrizioni anche nelle Regioni del Sud caratterizzate da tassi di contagio minori di quelli di altre Regioni.”. “Un divario di offerta di servizi sanitari figlio di un mix drammatico di inefficienze e distorsioni nel suo governo – sottolinea Bianchi – e di un progressivo ampliamento nelle dotazioni di personale e infrastrutture a sfavore delle Regioni meridionali”. La misura dello scarto nei Livelli essenziali di assistenza (i Lea) viene esemplificata con il caso della copertura dei programmi di screening per alcune patologie oncologiche: nel 2017 la Regione in fondo alla classifica, la Calabria, aveva un punteggio pari a 2 a fronte del 15 delle Regioni di testa (Veneto, Liguria, Valle d’Aosta e provincia autonoma di Trento).

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