Nagorno-Karabakh: Mecc, comunità internazionale protegga le chiese e “l’anima” armena

L’accordo che il 10 novembre ha posto fine al conflitto armato in Nagorno-Karabakh “non assicura alla regione una pace chiara, sostenibile e durevole”, perciò la comunità internazionale deve vigilare anche sul destino di chiese e monasteri che rappresentano “l’anima e le pietre” di quella regione, storica area di insediamento di cristiani armeni, oggi inclusa nei confini dell’Azerbaigian. L’allarme sul destino della popolazione e delle chiese della regione è stato lanciato ieri dal Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (Mecc), in un messaggio intitolato “Giustizia per l’Artsakh”, che riprende il nome armeno con cui si indica la regione dell’alto Karabakh. Lo riferisce oggi l’agenzia Fides. Secondo il Mecc, l’accordo raggiunto è fragile e riesce per ora soltanto a garantire una “coesistenza tesa” senza avere “basi affidabili” per assicurare “una pace più duratura”. Nel suo appello, il Consiglio si rivolge “alle parti interessate” e alle istituzioni internazionali affinché “sia garantito prima di tutto il cessate il fuoco, per preservare dal pericolo le vite di migliaia di persone”. Inoltre il Mecc, che comprende le Chiese armene tra i suoi membri fondatori, esprime preoccupazione per il destino e le pratiche di fede delle popolazioni che ora nel Nagorno-Karabakh “possono essere soggette a ogni tipo di ritorsione”. Le apprensioni espresse dall’organismo ecumenico si estendono anche all’immenso patrimonio cristiano rappresentato dalle chiese e dai monasteri disseminati in quella regione, che adesso “potrebbero essere distrutti e persino cancellati dalla mappa”. A questo riguardo, il Mecc chiede a tutte le organizzazioni internazionali di proteggere “l’anima e le pietre nell’Artsakh, che ha il diritto all’autodeterminazione come qualsiasi altra nazione e popolo nel mondo”. Nel suo appello, il Mecc auspica che siano avviati processi volti a delineare in quell’area geopoliticamente tanto travagliata “un nuovo ordine regionale, che andrebbe a vantaggio di tutte le parti coinvolte nell’attuale conflitto”. Dopo l’accordo per il cessate il fuoco, raggiunto con la mediazione della Russia, il rispetto dei luoghi di culto cristiani e la necessità di preservare la “normale vita ecclesiale” nei territori destinati a finire sotto diretto controllo azero, sono stati esplicitamente richiesti dal presidente russo Vladimir Putin al presidente azero Ilham Aliyev nel corso di una conversazione telefonica: il leader azero, dal canto suo, ha garantito protezione e libero accesso a tutte le chiese e i monasteri del Nagorno Karabakh. Intanto, come riferito da Fides, su richiesta della popolazione locale, i soldati russi inviati come “peacekeeper” nella regione, hanno inaugurato un presidio militare presso il monastero di Dadivank, nell’area di Kelbecer.

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