Tempo del Creato: mons. Pellegrini (Concordia-Pordenone), custodire la terra significa “proteggerla, curarla, preservarla e consegnarla intatta alle generazioni future”

“Il mondo, dono meraviglioso di Dio, è sempre più devastato e maltrattato, e con esso lo siamo anche noi suoi abitanti”. Lo ha detto ieri mattina il vescovo di Concordia-Pordenone, mons. Giuseppe Pellegrini, nel parco a Torrate a Chions, in occasione della celebrazione della Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, vissuta quest’anno all’interno del Giubileo diocesano del Creato. Il presule ha invitato a riscoprire la custodia del creato come dimensione essenziale della fede. Riprendendo il tema indicato da Papa Francesco e rilanciato da Papa Leone, “Semi di pace e di speranza”, il vescovo ha spiegato che custodire la terra significa “proteggerla, curarla, preservarla e consegnarla intatta alle generazioni future”, perché non è proprietà privata da sfruttare, ma bene comune da condividere. Commentando poi il Vangelo della domenica mons. Pellegrini ha sottolineato che “amare Gesù con tutto se stessi significa anche amare ogni parte del creato, perché Lui è dentro ogni vita”. L’amore totale richiesto dal Signore non toglie nulla, ma apre a una pienezza più grande: “Solo chi mette Cristo al centro può diventare costruttore di dialogo e di pace”. Il vescovo ha poi richiamato le parole di Papa Leone, che vede nella giustizia ambientale non un’idea astratta ma una necessità urgente, profondamente legata alla giustizia sociale ed economica. “La cura del creato – ha detto – non è un’opzione per pochi appassionati, ma una responsabilità di tutta la comunità cristiana e una questione di fede e di umanità”. Al termine della celebrazione, mons. Pellegrini ha ringraziato i gruppi e i fedeli impegnati in percorsi concreti di salvaguardia dell’ambiente e ha ricordato che fino al 4 ottobre, festa di san Francesco, la diocesi continuerà a vivere il Tempo del Creato, accompagnando la preghiera con azioni che testimonino la carezza di Dio sul mondo. Nella stessa giornata il presule ha ordinato tre nuovi diaconi per la Chiesa diocesana nella concattedrale di San Marco a Pordenone. Nell’omelia mons. Pellegrini ha ricordato che il diaconato non rappresenta “il grado più basso” dell’Ordine, ma la sua dimensione più autentica, quella del servizio: “Con l’ordinazione non si sale, ma si scende. Ci si fa piccoli, ci si abbassa, ci si spoglia, come ha fatto Gesù”. Il vescovo ha incoraggiato i tre giovani a coltivare una vera amicizia con il Signore, a fare della vita un dono e a vivere il servizio con radicalità, senza cercare affermazioni personali ma dedicando tempo ed energie agli altri. “Servire – ha sottolineato – significa rinunciare al proprio io per amore, ma non è mai una perdita sterile: è il seme che, morendo, porta frutto”.

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