Inizio anno scolastico: mons. Giudice (Nocera-Sarno), “palestra di relazioni, di incontri, di amicizie e capacità di vivere con gli altri”

“Quante speranze, desideri, promesse, quanto personale e quanta economia muove la scuola. Si intasano al mattino le nostre città, si ripopolano le strade dei paesi e i genitori, tristi o contenti, riprendono il lavoro o attendono uno squillo dal cellulare”. Parte da questa osservazione mons. Giuseppe Giudice, vescovo di Nocera Inferiore-Sarno, nel suo messaggio per l’inizio della scuola.
“La scuola è innanzitutto palestra di relazioni, di incontri, di amicizie; è tempo di impegno, orari, fatica, spazio di intervallo, fucina di primi amori; capacità di vivere con gli altri, sapendo accettare il proprio posto nel banco, primo, ultimo o in mezzo, ma sempre insieme, dando e ricevendo aiuto – evidenzia il presule -. La scuola chiede passione, competenza, approfondimento, ore di ascolto e di studio; chiede intelligenza e cuore, capacità di andare alle fonti, alle grandi domande, ai perché che invocano risposte”.
Per il vescovo, “compito primario della scuola è proporre attrezzature adatte per la grande scalata, in modo che l’alunno possa superare il maestro, che è tale solo se è magis-ter, tre volte superiore al discente, e per questo capace di farlo passare avanti. Povera la nazione dove la scuola è disertata, o male pilotata; dove la si pensa come un’azienda che deve produrre scartando i pezzi riusciti male; dove difficilmente si vuole accettare che è comunità educante, dal dirigente al collaboratore scolastico, capace di aiutare a crescere per affrontare la grande partita della vita, il grande attraversamento”.
Mons. Giudice indica quali condizioni rendono “benedetta” la scuola: “Benedetta la scuola che, rispettando il ruolo di ognuno, permette a ciascuno di crescere nella propria originalità e non come fotocopie, a volte sbiadite e sgualcite. Benedetta la scuola dove gli ultimi sono attesi, amati e rispettati, dove a nessuno è permesso di rimanere indietro e dove si cresce nella cittadinanza e nella sana responsabilità, nel rispetto reciproco e di ogni diversità, umana e religiosa. Benedetta la scuola dove ogni giorno si cambia di posto nel banco per essere amici di tutti, e per guardare la vita da angolazioni diverse. Benedetta la scuola dove la cultura, quella originale e non adulterata, non è un bagaglio pesante o ingombrante, ma terreno fertile e ben arato per raccogliere sempre nuovi frutti. Benedetta la scuola che, con sagge regole, educa ad uno stile; che educa educando, che insegna insegnando, che ama appassionando, che aiuta a crescere non invadendo, ma rispettando, che promuove accogliendo e, se a volte boccia, lo fa solo per meglio accompagnare e istruire. Benedetta la scuola che, rimettendo ordine, riconosce il primato della persona. Benedetta la scuola dove si è sempre, e contemporaneamente, docenti e discenti, in un forte ambiente educativo, dove si insegna ad imparare e si impara ad insegnare”. E conclude: “Sì, benedetta la scuola, e una scuola così impregnata e appassionata!”.

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