Migranti: Bjelogrlic (Save the children), “nell’hotspot di Lampedusa 370 minori a rischio, accelerare trasferimenti”

(Foto di Alessio Romenzi per Save the Children)

“Il nostro impegno è verificare ogni giorno che i minori, le mamme con bambini, possano avere un posto dove dormire. Ma considerato il sovraffollamento dell’hotspot questo non sempre viene garantito e aumentano i fattori di rischio per i bambini e gli adolescenti, a causa del freddo e della promiscuità tra adulti e minori”. Per i minori c’è una emergenza in più: il tempo di permanenza nell’hotspot si allunga fino a due o tre settimane, anziché una settimana come per gli adulti. A parlare al Sir dall’hotspot di Contrada Imbriacola a Lampedusa è Lisa Bjelogrlic, coordinatrice del progetto nazionale di frontiera di Save the children, in prima linea nell’accoglienza dei minori. Dalla scorsa estate, visto l’alto numero di persone in arrivo, l’organizzazione umanitaria ha rafforzato il lavoro, in partenariato con l’Unicef. I minori e le mamme con bambini vengono subito identificati all’arrivo al molo Favarolo e poi seguiti per tutto il tempo all’interno del centro, per cercare di assicurare loro una accoglienza dignitosa. Nonostante i trasferimenti continui verso la Sicilia e altre regioni del Sud nell’hotspot di Contrada Imbriacola a Lampedusa nel centro sono ancora 1500 persone su una capienza di 400 posti letto. Tra questi vi sono 70 bambini con i genitori e 300 adolescenti non accompagnati. I minori provengono prevalentemente da Costa d’Avorio, Guinea Conakry, Mali e Senegal e dalla Tunisia, alcuni dall’Africa orientale. La maggior parte sono partiti dalla Tunisia.
“La situazione generale nell’hotspot è sicuramente critica”, conferma l’operatrice di Save the children, perché con l’aumento del numero di persone “si manifestano carenze di natura gestionale che non garantiscono una adeguata accoglienza, soprattutto per le persone più vulnerabili, in particolare i bambini, le bambine e gli adolescenti, molti dei quali sono soli. Noi continuiamo ad agire quotidianamente per essere a fianco dei minori, rilevare le criticità e riportarle all’ente gestore in modo che sia garantita la risposta ai loro bisogni essenziali e primari”. Ora l’urgenza primaria è “garantire un generale impegno nell’accoglienza e proteggere le persone più vulnerabili”. “Siamo presenti ogni giorno dal momento dello sbarco – spiega Bjelogrlic – e questo ci permette di fare una primissima rilevazione delle situazioni più vulnerabili, di trasferire le informazioni prima possibile per assicurarci che al momento dell’ingresso nell’hotspot ricevano immediatamente una risposta. Ad esempio neonati senza vestiti, mamme in stato di choc. Informiamo l’ente gestore perché abbiano il tempo necessario per organizzarsi e poter immediatamente rispondere. Misure micro che mettiamo in campo in maniera costante e regolare”. Le organizzazioni umanitarie sono una sorta di pungolo perché ente gestore e autorità locali e centrali facciano bene il loro lavoro. “Supportiamo ed evidenziamo l’importanza di gestire in maniera diversa lo spazio per dare priorità ai minori e adolescenti all’interno dei moduli abitativi. Altrimenti i rischi sono altissimi, dal freddo alla promiscuità tra adulti e minori. Le condizioni sono molto precarie, non sempre si riesce, perché le persone sono tante”. Mentre adulti e nuclei familiari vengono trasferiti in tempi abbastanza rapidi, una settimana al massimo, con navi e ultimamente con aerei messi a disposizione dal Ministero dell’Interno, per i minori non accompagnati l’attesa è più lunga perché il sistema di accoglienza è saturo: “Purtroppo i minori rimangono tempo all’interno dell’hot spot per due o tre settimane, in condizioni non idonee e sicure”. “Le condizioni metereologiche sono un po’ avverse quindi non si riesce a garantire nell’immediato trasferimenti via mare nelle prossime ore – conclude  -. Auspichiamo che i minori vengano trasferiti quanto prima”.

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