Ecumenismo: Sae, esperienze di annuncio nella pastorale post battesimale e in quella con persone con disabilità

(Foto: Laura Caffagnini)

Durante la 58ª Sessione di formazione ecumenica del Sae, ad Assisi, ieri sono state raccontate esperienze di annuncio. La teologa cattolica Serena Noceti, specializzata in Ecclesiologia, docente all’Istituto di Scienze religiose della Toscana e in diverse facoltà teologiche, ha portato l’esperienza della pastorale post battesimale nella diocesi di Firenze che ha le sue radici negli orientamenti del Sinodo fiorentino del periodo 1988-1992. Il sacramento battesimale si è dimostrato una sfida aperta per rinnovare la pastorale dell’iniziazione cristiana e il ruolo dei genitori in essa. Così è stata elaborata nel tempo una proposta per bambini da zero a sei anni di co-evangelizzazione con tre soggetti convolti – il bambino, la famiglia, la comunità –, con un’azione a livello di vita familiare e di incontri parrocchiali. I principi ispiratori sono fare un’esperienza umana e fare formazione cristiana attraverso la narrazione della vita, l’ascolto della Parola, l’approccio ai momenti di vita della comunità. In questo progetto la famiglia diventa un soggetto reale nella comunità, che aiuta gli operatori pastorali a essere chiesa e i bambini esercitano una funzione sugli adulti riguardo al senso della fede. Si tratta, ha concluso Noceti, di “una scelta pastoralmente strategica che promuove un’evangelizzazione umanizzante e dialogica, una catechesi permanente che favorisce l’unità tra fede e vita, e valorizza la famiglia e la casa come luogo ecclesiale”.
Il teologo Saverio Scucimarri, preside della Facoltà avventista di Villa Aurora a Firenze, ha presentato un progetto della Chiesa avventista per persone diversamente abili che ha preso spunto dal documento del 2003 “Una Chiesa di tutti e per tutti”, nel quale il Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle Chiese e la Commissione Fede e Costituzione hanno fatto il punto della situazione della teologia sulla disabilità e sulle strategie per una piena inclusione delle persone con disabilità nelle società e nella Chiesa. Il Cec invita le comunità a spezzare il legame tra disabilità e peccato/possessione demoniaca, a vederla come una diversità tra le altre e a favorire l’inclusione delle persone diversamente abili nell’ambito della missione, della liturgia e della leadership. “Occorre passare da un modello assistenzialista a un modello di partecipazione dove le persone con disabilità contribuiscono alla vita e alla missione della chiesa con i loro doni e le loro caratteristiche. Il documento del Cec ha suscitato attenzione e riflessione nella Chiesa avventista che nel 2010 ha istituito nella Conferenza generale il dipartimento Adventist possibility ministry (Apm)”, ha osservato.

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