Papa Francesco: messa IV centenario S. Ignazio di Loyola, “un dramma del nostro tempo è chiudere gli occhi sulla realtà e girarsi dall’altra parte”

(Foto Vatican Media/SIR)

“La strada di Gesù non è in discesa, è un’ascesa. La luce della trasfigurazione non arriva in pianura, ma dopo un cammino faticoso. Per seguire Gesù bisogna dunque lasciare le pianure della mediocrità e le discese della comodità; bisogna lasciare le proprie abitudini rassicuranti per compiere un movimento di esodo”. Lo ha evidenziato Papa Francesco, nell’omelia della messa celebrata, questo pomeriggio, nella chiesa del Santissimo Nome di Gesù a Roma, nel IV centenario della canonizzazione dei Santi Isidoro l’agricoltore, Ignazio di Loyola, Francesco Saverio, Teresa di Gesù e Filippo Neri. “Solo la salita della croce conduce alla meta della gloria. Questa è la strada: dalla croce alla gloria. La tentazione mondana è ricercare la gloria senza passare dalla croce. Noi vorremmo vie note, diritte e spianate, ma per trovare la luce di Gesù occorre continuamente uscire da sé stessi e salire dietro di Lui”, ha osservato il Pontefice. “Per noi gesuiti l’uscita e la salita seguono un percorso specifico, che il monte ben simboleggia. Nella Scrittura la cima dei monti rappresenta l’estremità, il limite, il confine tra terra e cielo. E noi siamo chiamati a uscire per andare proprio lì, ai confini tra terra e cielo, lì dove l’uomo ‘affronta’ Dio con fatica; a condividere la sua ricerca scomoda e il suo dubbio religioso. Lì dobbiamo essere e per farlo occorre uscire e salire”, ha spiegato il Santo Padre. “Mentre il nemico della natura umana vuole convincerci a tornare sempre sugli stessi passi, quelli della ripetitività sterile, della comodità, del già visto, lo Spirito suggerisce aperture, dà pace senza lasciare mai in pace, invia i discepoli agli estremi confini. Pensiamo a Francesco Saverio. E mi viene in mente che per fare questa strada, questo cammino, bisogna lottare. Pensiamo al povero vecchio Abramo: lì, con il sacrificio, lottando contro gli avvoltoi che volevano mangiarsi l’offerta. E lui, con il bastone, li cacciava via. Il povero vecchio. Guardiamo questo: lottare per difendere questo cammino, questa strada, questa nostra consacrazione al Signore”, ha aggiunto.
Il discepolo di ogni ora si trova di fronte a questo bivio: “C’è sempre il pericolo di una fede statica, ‘parcheggiata’. Il rischio è quello di ritenersi discepoli ‘per bene’, che in realtà non seguono Gesù ma restano fermi, passivi e, come i tre del Vangelo, senza accorgersi si assopiscono e dormono. Anche nel Getsemani, questi stessi discepoli, dormiranno. Fratelli, per chi segue Gesù non è tempo di dormire, di lasciarsi narcotizzare l’anima, di farsi anestetizzare dal clima consumistico e individualistico di oggi, per cui la vita va bene se va bene a me; per cui si parla e si teorizza, ma si perde di vista la carne dei fratelli, la concretezza del Vangelo”. Il Papa ha ammonito: “Un dramma del nostro tempo è chiudere gli occhi sulla realtà e girarsi dall’altra parte. Santa Teresa ci aiuti a uscire da noi stessi e a salire sul monte con Gesù, per accorgerci che Lui si rivela anche attraverso le piaghe dei fratelli, le fatiche dell’umanità, i segni dei tempi. Non avere paure di toccare le piaghe, sono le piaghe del Signore”.

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