Il 75% dei cattolici in Norvegia è nato in un Paese straniero; 180 sono le nazionalità presenti, così come sono 107 i sacerdoti stranieri che svolgono il proprio lavoro in Norvegia. Secondo il vescovo di Oslo, Berndt Eidsvig, questo è “il periodo di maggiore crescita nella storia della diocesi” che ha fatto emergere “una Chiesa vitale che riunisce molti nella fede, nella preghiera e nella celebrazione comuni”. Gli ultimi dati ufficiali disponibili, del 2014, parlano di 150mila fedeli, quasi il 3% della popolazione. In un’intervista pubblicata sul sito della diocesi, il vescovo spiega come un obiettivo sia di “riunire i credenti di diversa provenienza” e rendere la Chiesa “inclusiva”: in questo la maggior parte delle comunità “è anche molto consapevole” della necessità di accogliere e includere. I cattolici norvegesi “sono distribuiti in tutto lo spettro sociale, culturale e politico”, descrive ancora il vescovo. “Il più spesso possibile, incoraggio i cattolici a stare al centro della comunità: andare a scuola, studiare, partecipare, fare volontariato e persino partecipare alle proposte per il tempo libero che ci sono nel luogo in cui si vive”. Nonostante la multietnicità, “siamo una sola Chiesa e abbiamo molto in comune”: una forte coscienza liturgica, atteggiamenti comuni alle sfide della vita.
Numerosissime le comunità linguistiche che continueranno a vivere “finché necessario: i credenti devono decidere da soli, senza coercizione nella Chiesa”. È stato fatto un “grande lavoro per facilitare le messe e la cura dell’anima in quante più lingue possibile. Ora l’inglese sta iniziando a decollare come nuova lingua liturgica comune”. Le sfide: “Ci manca lo spazio per la catechesi e lottiamo con i nostri edifici, abbiamo pochi sacerdoti, dipendiamo dai finanziamenti pubblici. Vorrei anche vedere maggiore impegno pubblico da parte dei nostri cattolici”.