Nuova Zelanda: eutanasia, approvata la legge. Kleinsman (portavoce vescovi), “linea di non ritorno. Nessun passo avanti su cure palliative e divario sanità”

La Nuova Zelanda ha scelto di introdurre l’eutanasia: secondo i risultati preliminari del referendum sull’“End of Life Choice Act”, pubblicati oggi, il 65,2% dei votanti ha detto sì all’eutanasia, il 33,8% si è opposto. La legge entrerà in vigore tra 12 mesi. “Dobbiamo accettare che stiamo per attraversare un Rubicone, una linea di non ritorno”, ha dichiarato John Kleinsman, portavoce della Conferenza episcopale della Nuova Zelanda nonché direttore del Centro per la bioetica Nathaniel. “I vescovi hanno detto in molte occasioni che non c’è mai stato un momento più pericoloso per prendere in considerazione l’idea di introdurre una legge del genere date le pressioni a cui è sottoposto il nostro sistema sanitario, compreso l’accesso iniquo a cure palliative di qualità e a sostegni per la salute mentale e, cosa più preoccupante, l’aumento della solitudine e isolamento sociale tra i nostri anziani”. E i dati mostrano “che le persone scelgono principalmente l’eutanasia non a causa del dolore intrattabile, ma per ragioni esistenziali e sociali”. Kleinsman critica il fatto che si sarebbero potute introdurre legalmente “altre scelte come l’accesso a cure palliative di qualità o affrontare in modo significativo il terribile divario nella sanità”, cosa che non migliorerà “per coloro che sono già svantaggiati dall’attuale sistema sanitario, compresi i Maori che muoiono in media sette anni prima del resto di noi e che hanno 2,5 volte più probabilità di morire di malattie particolari rispetto al resto di noi”.
Preoccupazione suscita il fatto che nella legge “mancano protezioni per le persone vulnerabili”, che, come affermato da oltre 200 avvocati, la legge sarebbe “pericolosa e redatta male” e che abbia una “portata più ampia rispetto ad altre leggi all’estero e molto più debole in termini di garanzie”. Per Kleinsman “questa legge rende facile a chiunque sia diagnosticato una malattia terminale scegliere una morte assistita”, cosa che potrebbe riguardare tra 20mila e 25mila persone l’anno: non richiede cure palliative, nessun periodo obbligatorio per poterci ripensare, nessun bisogno di testimoni indipendenti, né percorsi efficaci per rilevare se le persone scelgano l’eutanasia per pressioni. “Questa legge ci mette su un sentiero pericoloso e oggi è solo l’inizio”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Territori