Israele-Santa Sede: David (amb. Israele Santa Sede), “relazioni diplomatiche hanno raggiunto la maturità. Rafforzare collaborazione contro piaga infetta dell’antisemitismo”

Le relazioni diplomatiche tra Israele e Santa Sede “hanno raggiunto la maturità. È necessario rafforzare la collaborazione  nel combattere la piaga infetta dell’antisemitismo che continua a fare vittime innocenti, dobbiamo lavorare in ambito accademico con le varie università pontificie e cattoliche, aumentare le visite delle delegazioni, incrementare i pellegrinaggi e far conoscere anche la parte moderna di Israele, al di là dei luoghi Santi”. Lo ha detto oggi l’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Oren David, nel corso di una video conferenza dedicata alle relazioni tra Israele e Vaticano (1904-2005) e all’opera di Nathan Ben-Horin, pioniere delle relazioni tra i due Stati. Passando in rassegna il periodo che va dal 1904 ad oggi l’ambasciatore ha affermato che in questa epoca si è registrato “un forte cambiamento di posizioni, passate da negazione e rifiuto da parte cattolica, ad una posizione di riconciliazione e accettazione”. Tra i fattori determinanti che hanno contribuito a questa evoluzione, per l’ambasciatore, ci sono “il dramma della Shoah, l’accordo di Oslo, le relazioni diplomatiche con i Paesi dell’Ex Unione Sovietica, con quelli arabi e africani” ma anche “la forte personalità dei pontefici. La storia – ha rimarcato David – è fatta da uomini che hanno la forza di compiere grandi gesti per costruire ponti di amicizia tra i popoli”. Come è stato anche, da parte ebraica, Nathan Ben-Horin. L’ambasciatore David ha inoltre ricordato l’incontro di Pio X con Theodor Herzl, fondatore e leader del moderno sionismo politico, il 23 gennaio 1904, e l’impegno degli ultimi tre pontefici che si sono recati in visita ufficiale in Israele (Giovanni Paolo II nel 2000, Benedetto XVI nel 2009 e Francesco nel 2014, ndr.).

“Papa Francesco – ha sottolineato  David – ha deposto dei fiori proprio alla tomba di Hertzl, chiudendo un cerchio storico con un gesto che attesta il lungo percorso compiuto nelle nostre relazioni”. “Giovanni XXIII – ha aggiunto – diede un contributo al dialogo con l’ebraismo con la ‘Nostra Aetate’ (1965), un documento del Magistero della Chiesa cattolica che ha portato un cambiamento teologico  rivoluzionario nell’atteggiamento del Cristianesimo verso l’ebraismo che a sua volta ha aperto la strada ad un cambiamento politico”. “Nel 1978 viene eletto Giovanni Paolo II, un pontefice polacco, cresciuto tra amici ebrei, che ha vissuto il dramma della Shoah. Il 13 aprile 1986 ha visitato – prima volta di un Papa – la sinagoga di Roma. In questo pontificato – secondo l’ambasciatore israeliano – abbiamo assistito all’intreccio di due tendenze, una di avvicinamento all’ebraismo e una di riconoscimento  della centralità dello Stato di Israele per gli ebrei”. Un cammino di avvicinamento che ha portato, il 30 dicembre 1993, alla firma, a Gerusalemme, dell’Accordo fondamentale tra Israele e Santa Sede. “Con Papa Francesco, che non manca di alzare la voce contro l’antisemitismo – ha concluso David –  stiamo continuando a seguire questa strada avviata dai suoi predecessori. Proseguiamo con determinazione nella via del dialogo tracciata anche da uomini lungimiranti come  Nathan Ben-Horin”.

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