Inchiesta Catania: Libera, “la corruzione in Italia continua a manifestarsi in forme sistemiche, una vera e propria ‘patologia nazionale’”

“L’ultima inchiesta di Catania, in attesa che l’iter processuale faccia chiarezza sulla vicenda, è la conferma di una crescita d’intensità dell’intervento giudiziario su corruzione e commistioni tra mafia e politica. Dall’inizio dell’anno sono già più di una ventina le inchieste che in Piemonte, Campania, Sicilia, Puglia e Lazio hanno visto indagate e arrestate per corruzione, traffico di influenze e scambio di voto politico-mafioso decine di persone tra amministratori, politici, imprenditori, professionisti, dirigenti di azienda”. In una nota Libera così commenta l’ultima inchiesta di Catania sulla corruzione. “Dopo gli anni di ‘Mani pulite’ la corruzione in Italia continua a manifestarsi in forme sistemiche, con dinamiche diffusive e meccanismi di autoregolazione. Sempre più spesso i politici non appaiono quali protagonisti, bensì comprimari di reti criminali dominate da imprenditori e mafiosi, capaci di orientare flussi di finanziamenti illeciti e consensi: una vera e propria ‘patologia nazionale’, che alimenta sfiducia diffusa nelle istituzioni democratiche, disimpegno, astensionismo”, denuncia Libera. “A fronte dell’aggravarsi di queste gravi criticità assistiamo nel nostro Paese ad un progressivo allentamento dei freni inibitori: ci si appresta a varare provvedimenti regressivi, come l’abrogazione dell’abuso d’ufficio e il depotenziamento del traffico di influenze illecite voluti dal guardasigilli Carlo Nordio; si indeboliscono i controlli di Anac e Corte dei Conti; si ‘liberalizzano’ gli appalti, assegnati nella quasi totalità dei casi senza più gara né competizione grazie al ‘Codice Salvini’”, l’analisi di Libera, che mette in guardia: “Come previsto, le politiche dell’esecutivo e della maggioranza di destra che lo sostiene stanno generando ‘scientificamente’ condizioni più propizie per una pratica indisturbata, impunita ed estremamente profittevole di svariate forme di ‘abusi di potere per fini privati’, che ben presto in molti casi non saranno più perseguibili come reati dalla magistratura, né segnalabili come tali dalla stampa e perciò non più riconoscibili dall’opinione pubblica”.

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