Terremoto in Turchia: mons. Bizzeti (Caritas), a sei mesi dal sisma “sfide e necessità sono enormi e richiederanno anni di impegno a tutte le organizzazioni sul campo”

(Foto: Caritas Internationalis)

A sei mesi dal tragico terremoto che nella notte fra il 5 e il 6 febbraio scorsi ha colpito la Turchia e la Siria, la popolazione versa ancora in gravi difficoltà. La Confederazione Caritas continua ad assistere le due Caritas locali nella risposta.
In Turchia il bilancio del sisma è stato di oltre 50 mila vittime, 3 milioni di persone sfollate e 9 milioni colpite. Caritas Turchia, nonostante il grave danneggiamento degli uffici di Caritas Anatolia, ha immediatamente assicurato il proprio sostegno alla popolazione. In questi sei mesi è stata fornita assistenza a quasi 15 mila beneficiari, tra cui seimila bambini. Gli aiuti hanno incluso la distribuzione di oltre 26 mila pasti, e più di 5 mila pacchi alimentari, compresi quelli specifici per i bambini. La generosità dei benefattori e il sostegno, anche sul campo, di 34 organizzazioni membro di Caritas Internationalis hanno permesso a Caritas Turchia di estendere la risposta ad un maggior numero di beneficiari.
“Caritas si è distinta per un aiuto senza distinzione di persone, di religione, di appartenenza politica, lavorando insieme ad altri per il bene comune, nella certezza che chiunque è sensibile alle necessità dei poveri è animato dallo Spirito di Dio”, ha dichiarato il presidente di Caritas Turchia e vicario apostolico dell’Anatolia, mons. Paolo Bizzeti.
Il governo di Ankara sta provvedendo al trasferimento delle persone che si trovano in alloggi temporanei come tende o container in campi formali, in modo da favorire anche una più agevole assistenza umanitaria. Al momento si stima che oltre il 90 percento degli sfollati a causa del sisma risiede in alloggi temporanei. “Sfide e necessità sono enormi e richiederanno anni di impegno a tutte le organizzazioni sul campo – continua mons. Bizzeti -. È urgente poter costruire case, che rispettino determinati requisiti, perché siamo in terre ad alta pericolosità sismica. Oltre alle abitazioni, vi è anche grande necessità di impieghi e istruzione”.

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