Codice di Camaldoli: Torresi (Università Roma Tre), “vocazione cristiani e coscienza cittadini hanno tradotto lezione storia in intuizioni e scelte coraggiose”

Mentre, con il bombardamento a San Lorenzo, “Roma sfregiata dalla guerra era il segno che il regime fascista aveva i giorni contati”, “in quelle ore drammatiche e caotiche della storia italiana, nella quiete del monastero di Camaldoli, entrava nel vivo un convegno di teologi, intellettuali e professionisti cattolici indetto da tempo per riflettere sulla traduzione della dottrina cristiana nel concreto operare dell’uomo e della società, e per elaborare un testo di cultura sociale che potesse orientare l’impegno civile dei credenti”. A ricordarlo è stato Tiziano Torresi dell’Università degli Studi Roma Tre, nella relazione introduttiva, del convegno “Il Codice di Camaldoli”, aperto oggi pomeriggio al Monastero di Camaldoli (Ar). Il docente ha offerto una panoramica “sul legame che sussiste tra la storia italiana, dai primi segnali di crisi del regime fascista sino alla Liberazione, e la storia del Codice di Camaldoli. Le tappe di questo percorso non sono delle singolari coincidenze. Sono momenti nei quali la vocazione di cristiani e la coscienza di cittadini hanno saputo tradurre la lezione della storia in intuizioni e in scelte coraggiose per il futuro dell’Italia”. Già “alla fine del 1942 si moltiplicarono le iniziative della cultura cattolica e i cenacoli clandestini. Cominciava a emergere con urgenza la necessità di un confronto tra il pensiero cristiano e i problemi del tempo, in vista di una sempre meno ipotetica ricostruzione. I discorsi erano ormai orientati a definire i caratteri di un ‘nuovo ordine’ per l’economia e per la società”.
La commissione cardinalizia per l’Alta direzione dell’Azione Cattolica, in dicembre, “decise di riorganizzare l’Istituto cattolico di attività sociali, l’Icas”, e il radiomessaggio di Pio XII alla vigilia di Natale “fissava le norme che avrebbero dovuto ispirare la ricostruzione degli Stati sul valore della persona umana. Esso chiamava a raccolta, a una ‘crociata sociale’”. Gli intellettuali cattolici italiani “risposero subito a questo appello, partecipando al convegno del Movimento Laureati che si aprì a Roma l’8 gennaio 1943”. A margine ci fu la “prima riunione del ricostituito Icas”, dove emerse la proposta “di un testo di cultura sociale di cui si sente la mancanza”, che “esprimeva il bisogno di identificare una linea comune di pensiero e d’azione. Essa segnava l’inizio della storia del Codice di Camaldoli”. Il regista di tutta la vicenda fu Sergio Paronetto, giovane dirigente dell’Iri, esponente dei Laureati e responsabile di “Studium”. Si organizzò a Camaldoli un convegno dal 18 al 24 luglio. Solo metà, dei 60 prenotati, riuscì “a raggiungere il cenobio nel pomeriggio di domenica 18 luglio”. L’indomani, mentre nell’aula delle accademie piombò la notizia del bombardamento di Roma, il vescovo di Bergamo e assistente dei Laureati, mons. Adriano Bernareggi, chiarì che il convegno si sarebbe svolto “senza alcuna astrazione dal dramma dell’Italia, nella certezza di compiere verso di essa il migliore servizio che a noi è dato”.

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