Somalia: mons. Bertin (Djibouti), “abbiamo usato il Paese come una discarica ma la popolazione soffre fame, insicurezza e siccità”

La Somalia è uno dei Paesi africani più colpiti dalla siccità, con la metà della popolazione che soffre la fame e un terzo di abitanti (6,7 milioni di persone) in insicurezza alimentare. 7,8 milioni di persone hanno bisogni umanitari, di cui 5 milioni sono bambini. Vi sono 3 milioni di sfollati e 1 milione di rifugiati nei Paesi limitrofi. Nel 2022 oltre 800 mila persone sono state costrette ad emigrare per ragioni alimentari. Nel 2021 sono morti oltre 3 milioni di capi di bestiame. “C’è una fame di giustizia tra i somali. A volte abbiamo usato questi Paesi come una discarica, anche con il coinvolgimento italiano nello scarico di materiali tossici. Il ruolo della comunità internazionale deve essere quello di accompagnamento, per una giustizia interna e internazionale”. Lo ha affermato oggi mons. Giorgio Bertin, vescovo di Djibouti e amministratore apostolico di Mogadiscio, durante un webinar organizzato da Caritas italiana sulla crisi alimentare in Africa. “La Somalia è un Paese estremamente povero e in balia dell’insicurezza da oltre 30 anni dovuta a conflitti tra clan, ai cambiamenti climatici e alla presenza dei ribelli islamisti di al-Shabaab. Si sono create situazioni veramente disastrose”, ha spiegato. La violenza di al-Shabaab, che vuole imporre un islam di tipo talebano, ha provocato tanti sfollati. Inoltre “in questi 30 anni c’è stato un disboscamento eccessivo a causa dell’esportazione di carbonella per cucinare verso i Paesi del Golfo, che favorisce la mancanza di pioggia – ha raccontato -. L’altro fattore che ha accelerato i cambiamenti climatici è l’overgrazing, il pascolo eccessivo. Gli animali che prima venivano venduti solo nel mercato locale ora vengono esportati verso la penisola arabica per maggiori guadagni”. Per tutte queste ragioni la fame è aumentata. Il vescovo di Djibouti pensa che i somali dovrebbero “diversificare maggiormente le fonti di sostentamento con un maggior utilizzo del mare e della pesca. Questo implica un cambiamento culturale e culinario ma la popolazione somala è abituata da secoli a mangiare cammelli e capre”. Altro elemento problematico sono le alluvioni causate dal “non utilizzo appropriato dei fiumi”, con l’acqua che si riversa nei campi e distrugge le coltivazioni. “È importante per la Somalia la rinascita di uno Stato funzionale e veramente a servizio della popolazione”. La Caritas, in collaborazione con Centro missionario di Roma, ha distribuito tende e zanzariere agli sfollati a Mogadiscio. Grazie a tre progetti finanziati dall’8 per mille Cei sono stati costruiti servizi igienici e distribuito cibo. Ora è stato lanciato un appello attraverso Caritas internationalis e la Caritas irlandese per aiutare gli sfollati in una zona del sud difficile da raggiungere ma è pervenuto solo il 20% dei fondi richiesti.

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