Ritorno in classe: mons. Brambilla (Novara), “sia la volta buona, insieme si può”

“Che sia la volta buona?”. È questo interrogativo a fare da filo conduttore del messaggio per l’inizio dell’anno scolastico 2022-23 diffuso dal vescovo di Novara, mons. Franco Giulio Brambilla.
“Ragazzi, adolescenti e giovani, si domandano se sarà la volta buona”, scrive il presule: “Tutti si chiedono se si potrà tornare a scuola, insieme, perché la scuola non è solo uno spazio, ma un tempo, meraviglioso e arduo, in cui l’agonismo della vita ci sfida a crescere con l’altro e per l’altro”. “Sarà la volta buona per tornare sui banchi delle scuole o nelle aule di università?”, domanda il vescovo spiegando che “il sapere delle scienze e la conoscenza dell’uomo e del mondo non possono essere trasmessi solo in Dad, ma hanno bisogno di volti, di presenze, di sguardi, di prossimità, di aule vocianti e di cortili rumorosi, di compiti sudati e interrogazioni ansiose, di tempo di studio e di tempo per stare insieme”. “La scuola – prosegue mons. Brambilla – è fatta di passo dopo passo, di scelte che ci portano fuori dal grembo familiare, per incontri insospettati, perché il tempo nuovo è il futuro che attendiamo, ma è anche ciò che ci viene incontro in modo inaspettato”. “Sarà la volta buona per imparare dalle scienze dell’uomo?”, chiede ancora il vescovo. “Perché – osserva – la letteratura, la storia, la geografia, la filosofia, la conoscenza delle lingue, la pedagogia, la psicologia e la sociologia, trasmettono sotto la cenere delle molte conoscenze da apprendere il tizzone ardente del sapere che forgia l’umano in formato adulto”. E, ancora: “Sarà la volta buona per imparare dalle scienze della natura? Perché il sapere della matematica, della fisica, della medicina, della biologia, delle tecnologie dell’umano e dell’ecosistema ci danno la chiave del microcosmo e del macrocosmo, dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande”. Parlando poi del personale decente e scolastico, mons. Brambilla evidenzia che “formano una comunità di trasmissione del sapere che rappresenta il patrimonio più importante di un Paese”. “Il loro lavoro – continua – è una missione, perché la loro missione è una passione, perché devono poter dare molto tempo all’insegnamento e all’animazione, con una retribuzione congrua. Perché solo una comunità stabile di docenti, nel giusto dosaggio di uomini e donne, è una comunità educante alle future professioni e al mestiere di vivere”. “Sarà la volta buona per il triangolo virtuoso di scuola, famiglia e comunità (civile e religiosa)?”, interroga il vescovo, sottolineando che “la società e la comunità, sia civile che religiosa, sa che deve sostituire alla retorica del ‘futuro che sono i giovani’, la ricerca paziente e tenace di dare a loro il meglio in ambienti scolastici, strumenti didattici, mezzi per le arti e lo sport”. “Che sia la volta buona?”, conclude il vescovo: “Insieme si può. Speriamo!”.

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