Ucraina. Semehen (Rettore Santa Sofia), “I rifugiati non sono certi di voler rimanere in Italia e non sanno se potranno tornare”

“Ogni persona arrivata in Italia ha lasciato il suo passato, la casa e il futuro è ancora un punto interrogativo. A Roma si fa tanto. Il Comune fa sforzi immensi. La Regione Lazio, la comunità di Sant’Egidio e altre le comunità ecclesiastiche cercano di aiutare gli sfollati”. Lo ha detto don Marco Yaroslav Semehen, rettore a Roma della basilica minore di Santa Sofia degli ucraini greco-cattolici, durante l’incontro pubblico dedicato all’accoglienza dei rifugiati nella Capitale questa mattina dalla Agenzia giornalistica Dire. “Sono soprattutto donne e bambini – spiega – quelli arrivati in Italia per cui bisogna avere una certa attenzione. L’esigenza più grande è la preoccupazione per il futuro. Non sono certi di voler rimanere in Italia e non sanno se potranno tornare. Una parte comincia a capire che il futuro prossimo sarà qui. Gli altri hanno la valigia ancora intatta. Pensano che faranno subito rientro”. Fare progetti per l’integrazione non è facile però per le stesse istituzioni visto che non sono note le destinazioni delle persone rifugiate. “Non si iscrivono per esempio a scuola – dice don Marco – perché sono residenti per poco tempo in albergo o vengono trasferiti da altre parti”. Altra priorità sottolineata dal Rettore è l’assistenza psicologica che ha come base il nodo della lingua. “Sono arrivati – afferma – molti psicologi ucraini ma occorre capire come farli lavorare temporaneamente tramite un permesso. Adesso cominciano i problemi, le persone sciogliendosi, giorno dopo giorno, mostrano problemi psicosomatici. Inoltre c’è la questione dei minori. Solo in Italia sono giunte quasi 100mila persone, di cui 33mila bambini. Il problema più grande è la loro integrazione per via della lingua”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Italia