Migranti: Centro Astalli, “burocrazia respingente” complica la vita dei più vulnerabili

Tra gli ostacoli che i richiedenti asilo incontrano per ottenere la protezione internazionale in Italia il primo è ottenere l’iscrizione anagrafica, necessaria per accedere ai diritti sociali. E anche la campagna vaccinale ha avuto bisogno dell’intervento del privato sociale per arrivare alle fasce più vulnerabili della popolazione. È quanto emerge dal Rapporto 2022 del Centro Astalli, presentato oggi a Roma. “La digitalizzazione di molti uffici – si legge nel rapporto – ha rappresentato un aggravio nella vita dei migranti forzati”. Una “burocrazia respingente”, ulteriormente complicata dalle misure necessarie al contenimento della pandemia, non ha “tenuto conto delle difficoltà degli utenti più fragili”.  A Palermo la sede del Centro Astalli è dovuto diventare un vero e proprio hub dove potersi vaccinare. Lo sportello sanitario di Catania è stato un riferimento per tutti coloro che, pur vaccinati, non riuscivano a ottenere il green pass perché senza tessera sanitaria. Il Centro Astalli esprime “preoccupazione quando ostacoli, burocratici o organizzativi, finiscono per allontanare coloro che avrebbero più urgenza di sentirsi inclusi e accolti”. Ancora oggi circa due migranti su tre sono ospitati nei Cas, i centri di accoglienza straordinaria. Il Sai, il sistema dell’accoglienza diffusa, con piccoli numeri e progetti d’integrazione più mirati ai rifugiati, accoglie solo circa 25.000 persone delle 76.000 presenti nelle strutture convenzionate. Nei Centri di accoglienza straordinaria gestiti dal Centro Astalli sono state accolte nel 2021 un totale di 1.175 persone. “Un’utenza particolarmente vulnerabile a cui spesso lo Stato non riesce a garantire una presa in carico specifica e protetta”, sottolinea il rapporto. L’auspicio è che la rete Sai, più orientata all’integrazione, “diventi al più presto l’unico sistema di accoglienza per richiedenti e titolari di protezione internazionale”. La permanenza all’interno dei centri resta lunga (almeno 12 mesi), ma anche dopo l’uscita la precarietà continua ad accompagnare le famiglie: è difficile trovare casa, per cui bisogna ricorrere a subaffitti, affitti in nero o occupazioni. Il Centro Astalli chiede soprattutto “un piano organico per l’integrazione” per “ripensare la questione nel suo complesso”.

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