Papa Francesco: a moderatori associazioni di fedeli, movimenti e nuove comunità, “la slealtà è come fare il doppio gioco, a parole serviamo Dio, nei fatti il nostro ego”

(Foto Vatican Media/SIR)

Il Decreto “Le associazioni internazionali di fedeli”, promulgato l’11 giugno, “non è indirizzato solo ad alcune delle realtà qui presenti, ma è per tutte, nessuna esclusa. Per tutte. Non ci sono più bravi o meno bravi, perfetti o no: tutte le realtà ecclesiali sono chiamate alla conversione, a comprendere e attuare lo spirito che anima le disposizioni che ci danno nel Decreto”. Lo ha chiarito oggi Papa Francesco, nell’udienza ai partecipanti all’Incontro con i moderatori delle associazioni di fedeli, dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, presentando “due immagini storiche”: “Quella suora che era all’entrata del Capitolo e diceva: ‘Se votate me, io farò questo…’. Comprano il potere. E poi, un caso che mi sembra strano, come ‘lo spirito del fondatore è disceso su di me’. Sembra una profezia di Isaia! ‘Lo ha dato a me! Io devo andare avanti sola o solo perché il fondatore mi ha dato il suo mantello, come Elia a Eliseo. E voi, sì, fate le votazioni, ma sono io il comando’. E questo succede! Non sto parlando di fantasie. Questo succede oggi nella Chiesa”.
Il Pontefice ha osservato: “L’esperienza di vicinanza alle vostre realtà ha insegnato che è benefico e necessario prevedere un avvicendamento negli incarichi di governo e una rappresentatività di tutti i membri nelle vostre elezioni. Anche nel contesto della vita consacrata ci sono istituti religiosi che, tenendo sempre le stesse persone negli incarichi di governo, non hanno preparato il futuro; hanno consentito che si insinuassero abusi e attraversano ora grandi difficoltà”. Il Santo Padre ha fatto riferimento a “un istituto dove il loro capo si chiamava Amabilia. L’istituto ha finito per chiamarsi ‘odiobilia’, perché i membri si sono accorti che quella donna era un ‘Hitler’ con l’abito”.
Un altro “ostacolo al vero servizio cristiano” è “la slealtà. Lo incontriamo – ha spiegato Francesco – quando qualcuno vuol servire il Signore ma serve anche altre cose che non sono il Signore (e dietro ad altre cose, sempre ci sono i soldi). È un po’ come fare il doppio gioco! A parole diciamo di voler servire Dio e gli altri, ma nei fatti serviamo il nostro ego, e ci pieghiamo alla nostra voglia di apparire, di ottenere riconoscimenti, apprezzamenti… Non dimentichiamo che il vero servizio è gratuito e incondizionato, non conosce né calcoli né pretese”. Inoltre, “il vero servizio si dimentica abitualmente delle cose che ha fatto per servire gli altri”.
E, ha aggiunto il Papa, “cadiamo nella trappola della slealtà quando ci presentiamo agli altri come gli unici interpreti del carisma, gli unici eredi della nostra associazione o movimento – quel caso che ho menzionato prima -; oppure quando, ritenendoci indispensabili, facciamo di tutto per ricoprire incarichi a vita; o ancora quando pretendiamo di decidere a priori chi debba essere il nostro successore”. Ma, ha avvertito, “nessuno è padrone dei doni ricevuti per il bene della Chiesa – siamo amministratori -, nessuno deve soffocarli, ma lasciarli crescere, con me o con quello che viene dopo di me. Ciascuno, laddove è posto dal Signore, è chiamato a farli crescere, a farli fruttificare, fiducioso nel fatto che è Dio che opera tutto in tutti e che il nostro vero bene fruttifica nella comunione ecclesiale”.

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