Sanità: p. Bebber (Aris), “la vita di un anziano o di un malato grave non vale meno di quella di un giovane o di una persona sana”. No alla “cultura di morte”

“La vita di una persona anziana o di un malato grave non vale meno di quella di un giovane o di una persona sana. Questo vale sempre e non solo in periodo pandemico”. Lo dice in un’intervista al Sir p. Virginio Bebber, presidente Aris (Associazione religiosa istituti socio-sanitari) e amministratore delegato Fondazione Opera San Camillo, commentando il Messaggio del Papa per la XXIX Giornata mondiale del malato (11 febbraio). “Nessuno deve sentirsi solo e abbandonato”, il monito del Pontefice. “Purtroppo quella che Papa Francesco definisce ‘cultura della morte’ – osserva Bebber – va facendosi sempre più strada nel mondo e nel nostro Paese”. Tanti “hanno aperto la strada all’eutanasia ed altri si preparano a farlo. Da noi si cerca di nasconderla dietro la legalizzazione del suicidio assistito. E i discorsi che abbiamo sentito in questi giorni drammatici sono figli di quella cultura della morte, in virtù della quale ormai la vita umana ha un suo valore, un suo prezzo, a seconda della sua capacità produttiva”.
Alla domanda se qualcuno possa arrogarsi il diritto di decidere chi sia degno di essere curato e chi no, il presidente Aris avverte: “Facciamo in modo di non trovarci mai più di fronte a simili questioni e mettiamoci in condizione di poter curare tutti senza distinzioni e nel migliore dei modi”. E sulla polemica scatenata sui social dopo la vaccinazione anti-Covid di due ultracentenari da chi ha parlato di “dosi sprecate. Giusto per farli vivere qualche giorno in più”, Bebber è perentorio: “Contro questa logica ‘economicistica’ vale il monito del Papa, forte e inequivoco, contro la cultura dello scarto. Una società può dirsi civile solo se non lascia nessuno indietro. Noi vogliamo restituire dignità ad ogni persona e continuare a curare e accompagnare sempre fino alla fine”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Italia